Una holding criminale favorita dalla connivenza di sindaci, vicesindaci e assessori. Una struttura che parte dalla provincia di Crotone, in Calabria, e arriva sino in Germania, nelle zone, tra le altre, di Stoccarda e Francoforte. È ciò che emerge dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catanzaro, culminata all’alba del 9 gennaio in una maxi-operazione dei Carabinieri del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale): 169 arresti, tra cui quello del presidente della Provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla, di presunti affiliati e favoreggiatori della ‘Ndrangheta in Italia e in Germania. Nell’ambito dell’inchiesta sono anche stati sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro ritenuti riconducibili alla cosca Farao-Marincola.
Gli arresti in Italia – Esattamente un anno fa, il 9 gennaio 2017, veniva eletto alla presidenza della Provincia di Crotone. Oggi Nicodemo Parrilla, già sindaco di Cirò Marina rieletto nel 2016 dopo un primo mandato dal 2006 al 2011, rappresenta il principale esponente delle istituzioni invischiato nell’operazione che la Dda ha ribattezzato “Stige”. Accusato di associazione mafiosa e ritenuto dagli inquirenti il rappresentante della coscaFarao-Marincola nelle istituzioni locali, Parrilla è, insieme a Michele Laurenzano e Angelo Donnici, uno dei tre sindaci presenti tra i 169 arrestati. In tutto gli amministratori locali coinvolti sono una decina tra sindaci, vicesindaci, assessori e presidenti dei consigli comunali. Le accuse rivolte ai 169 indagati sono associazione mafiosa, estorsione, peculato, turbata libertà degli incanti, corruzione e danneggiamento, reati tutti aggravati dal metodo mafioso.
Gli affari, dagli appalti ai migranti – Secondo quanto emerso dall’indagine coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, la cosca Farao-Marincola si sarebbe infiltrata in tutti i settori della vita economica locale: dal commercio di prodotti vinicoli e alimentari alla raccolta dei rifiuti, dai servizi funebri agli appalti pubblici, poi commercio del pescato, raccolta dei rifiuti, turismo e slot machine. Fino all’accoglienza dei migranti: in particolare un immobile di Cirò Marina adibito a centro di accoglienza per i profughi sarebbe riconducibile alla cosca. La struttura era gestita da una serie di cooperative compiacenti, i cui rappresentanti, per l’accusa, fungevano da collegamento con gli enti pubblici per ottenere finanziamenti e autorizzazioni. Il sodalizio criminale otteneva così, sostanzialmente in esclusiva per le proprie ditte, la fornitura di beni e servizi ai migranti, accrescendo ulteriormente i propri introiti grazie anche al sistematico ricorso a fatturazioni gonfiate.
Le ramificazioni in Germania – Undici persone sono state arrestate anche in Germania, in particolare nei lander dell’Assia, del Baden-Wurttemberg, della Baviera e del Nordreno Westfalia, con le accuse di estorsione e riciclaggio di denaro. Tutti di età compresa fra i 36 e i 61 anni, secondo l’accusa gli emissari della cosca Farao-Marincola imponevano ai ristoratori di origine italiana della zona di Stoccarda l’acquisto di vino, prodotti di pasticceria e semilavorati per la pizza prodotti da imprese legate alla cosca e fungevano anche da referenti dei ristoratori per la risoluzione di eventuali controversie che si venivano a creare. La ramificazione tedesca conferma la forza della cosca Farao-Marincola, una delle più potenti della Calabria presente anche nel Nord e Centro Italia (in particolare in Emilia Romagna, Veneto, Lazio e Lombardia), come mostrato dall’immagine diffusa dai carabinieri durante la conferenza stampa di questa mattina a Catanzaro.
Le reazioni – «L’operazione odierna ha permesso di disarticolare una potente cosca della ‘ndrangheta egemone su diversi comuni della provincia di Crotone, confermando la vocazione della ‘ndrangheta a espandere e delocalizzare le proprie attività criminali ben oltre la Calabria mantenendo nella regione il centro del suo potere – ha detto la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi – Potere esercitato anche grazie ai rapporti con la pubblica amministrazione e la politica locale, asservita agli interessi della cosca». Reazioni anche da parte della Coldiretti, che con una nota ha evidenziato come «il business delle agromafie sia arrivato nel 2017 a valere 21,8 miliardi di euro (+30% in un anno) lungo tutta la filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita. Sono almeno cinquemila i locali della ristorazione nelle mani della criminalità organizzata che, approfittando della crisi economica, penetra in modo massiccio e capillare nell’economia legale». «Le agromafie – sostiene il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano i prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto a casa e al ristorante».