Un’associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio, aggravata dal metodo mafioso, è stata smantellata in un’operazione congiunta denominata “Moby Dick“. L’inchiesta nasce da due indagini, una della Guardia di Finanza di Varese e Milano, l’altra della Squadra Mobile di Palermo. L’operazione è stata coordinata dal Servizio Centrale Operativo insieme agli uffici della Procura europea di Palermo e Milano (EPPO). Complessivamente sono state eseguite 160 perquisizioni e 47 misure cautelari personali. Sono stati sequestrati beni e denaro per 520 milioni di euro (pari all’iva evasa) e ricostruite false fatturazioni per 1,3 miliardi di euro. L’indagine riguarda una strutturata frode “carosello” con l’intento di evadere l’Iva nel settore del commercio dei prodotti informatici. Nella frode sono coinvolti coinvolti diversi Paesi Ue (Olanda, Lussemburgo, Spagna, Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca e Bulgaria) e 20 società estere.
Tra tutti i tributi, l’Iva è quello più evaso. Si evade l’Iva quando non si emette uno scontrino, quando non viene rilasciata la fattura o la ricevuta. Ma non solo. Tra le frodi più complesse figura la “frode carosello”. In questo caso, il frutto illecito della truffa è l’Iva incassata sulle vendite di determinati prodotti e poi non versata allo Stato da società appositamente create. Il nome descrive quei meccanismi di continuo movimento delle merci, quasi come una giostra, tra soggetti coordinati secondo strategie criminali e con l’obbiettivo di evadere l’Iva, facendola apparire fittiziamente versata. La “frode carosello” coinvolge sempre un soggetto detto cartiera, ossia una ditta che compra e vende ma solo “sulla carta”: l’operazione viene fatturata senza essere reale. Di solito, la società cartiera è intestata a prestanomi, che a parte le conseguenze penali per i reati commessi, rischiano ben poco: la cartiera (a parte le fatture fittizie emesse), non tiene la contabilità, non presenta le dichiarazioni fiscali e dunque non paga tasse e non versa l’Iva dovuta. Per sfuggire agli occhi del Fisco, spesso chiude i battenti dopo poche rilevanti operazioni, compiute nel giro di qualche mese o al massimo un paio di anni.
Oltre alle società sopra citate, la frode ha coinvolto le componenti della criminalità organizzata siciliana e campana che, intravedendo l’opportunità di profitto e riciclaggio, ne sono entrati a far parte ripulendo il denaro di altre attività criminali. Tra gli esponenti coinvolti Tony Lo Manto, vicino ai clan di Brancaccio. Il gip ha disposto il sequestro preventivo di alcuni immobili del valore complessivo di oltre 10 milioni di euro a Cefalù , Chiavari, Bellano, Noli, Cinisello Balsamo e Milano. Il giudice ha riconosciuto per i vertici del gruppo l’essersi avvalsi del metodo mafioso. Trentaquattro degli inquisiti sono stati portati in carcere, altri 9 si trovano agli arresti domiciliari mentre per 4 sono state emanate misure interdittive. Ci sono anche 7 indagati per i quali è stato emesso il mandato di arresto europeo.