Nei clan criminali torna di moda il business degli stupefacenti. È questo il primo risultato dell’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che dopo mesi di indagine si è conclusa con il blitz dell’Arma di martedì 26 maggio. I carabinieri del Comando provinciale hanno portato in carcere 39 esponenti della cosca di Pagliarelli. Le accuse sono associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione e corruzione. Centinaia i chili di droga sequestrati.
L’inchiesta, guidata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, mostra la nuova struttura a triumvirato della mafia siciliana. Flessibilità e adattabilità le parole d’ordine per fare soldi dopo gli arresti degli ultimi anni. I vertici dei clan di Pagliarelli, Corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia si era spartiti il potere per “scongiurare che contrasti interni all’associazione potessero interrompere le attività criminali”. Lo ha spiegato Lo Voi nella conferenza stampa tenuta al tribunale di Palermo martedì 26 maggio alle 10.30. “L’indagine dei carabinieri conferma la capacità della mafia di adattarsi sempre a nuove situazioni”. Anche di fronte alla crisi economica dei commercianti che fa diminuire le entrate criminali dal racket delle estorsioni.
“Il ritorno della mafia alla droga dimostra che le cosche operano ovunque si produca denaro”. È questo uno dei particolari emersi dal blitz condotto dai carabinieri di Palermo e illustrato dal procuratore Lo Voi durante la conferenza stampa. I 250 kg di droga sequestrati nel corso dell’indagine ne sono la prova. Non sono mancate comunque le accuse di estorsione, anche se sono sempre pochi i commercianti che trovano il coraggio di denunciare. E’ il caso di un imprenditore siciliano che si è rivolto agli inquirenti dopo aver ricevuto una richiesta di pizzo del valore di 500 mila euro, mentre eseguiva lavori di ristrutturazione al Policlinico di Palermo.
Camilla Colombo