I due pescherecci Antartide e Medinea con a bordo i 18 pescatori di Mazara del Vallo si dirigono verso le coste italiane scortati dalla fregata Margottini della Marina Militare. ANSA/Ministero della Difesa

«Non si può dire ma è stato il signor Putin con le sue telefonate ad Haftar a farli liberare. Questa è la verità su quello che è successo». Così Silvio Berlusconi ha svelato il retroscena della liberazione dei 18 marinai sequestrati in Libia e rientrati in Italia il 20 dicembre dopo una prigionia di 108 giorni. Un’indiscrezione che potrebbe riscrivere la storia del blitz a Bengasi del duo Conte-Di Maio. Il leader di Forza Italia lo ha detto durante una telefonata a Marco Marrone, armatore del peschereccio Medinea, che si trovava in un ristorante di Mazara del Vallo assieme al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, il forzista Gianfranco Micciché. «Su Putin non so che dire, sono cose che passano sulla nostra testa», ha commentato Marrone. Ma il ministro degli Esteri Di Maio smentisce il coinvolgimento del premier russo.

La liberazione – Dopo 108 giorni di appelli, polemiche e proteste, il 17 dicembre la vicenda si è sbloccata. Il premier Giuseppe Conte e il ministro Di Maio sono volati a Bengasi per trattare direttamente con il generale Khalifa Haftar. Ma non sono mancate le critiche dall’Italia. La trattativa ha permesso all’uomo forte del governo cirenaico di Tobruk di riaffermare e rafforzare il suo ruolo in Libia e adesso l’opposizione chiede a Conte di chiarire in Parlamento se l’Italia sostiene al-Sarraj o Haftar. Polemiche anche sugli accordi che hanno permesso il rilascio dei marinai, con intese che sono ancora da chiarire. «La liberazione dei nostri pescatori è avvenuta senza cedere nulla in cambio», ha detto Di Maio, intervenuto nella puntata del 20 dicembre di Che tempo che fa su Rai3. «Haftar chiedeva la liberazione di quattro libici in Italia, condannati in secondo grado per traffico di esseri umani. Non era accettabile, siamo giunti a più miti ragioni per le quali si chiedeva di riprendere le relazioni».

L’arrivo – A Mazara del Vallo è la fine di un incubo. Grande emozione al Porto Nuovo per il rientro dei pescherecci Medinea e Antartide, con a bordo i 18 marinai sequestrati. Dopo i controlli anti-Covid hanno potuto riabbracciare le loro famiglie, che durante tutti questi mesi hanno lottato per spronare le istituzioni a risolvere la situazione. «Ce l’abbiamo messa tutta per riportare i pescatori in Italia prima di Natale. E ce l’abbiamo fatta», aveva detto Di Maio il 19 dicembre, parlando ai familiari degli uomini d’equipaggio in attesa del loro arrivo.

I marinai sequestrati in Libia rispondono alle domande dei giornalisti mentre escono in auto dal porto di Mazara del Vallo, 20 dicembre 2020. Ansa/Francesco Terracina

Le dichiarazioni – Proseguiranno oggi, 21 dicembre, a Mazara del Vallo gli interrogatori dei militari del Ros ai marinai. Dalle loro prime parole emergono le condizioni pessime alle quali sono stati costretti dalle autorità libiche. «L’esperienza del carcere è stata terrificante. Eravamo in una cella sporca e puzzolente, con i materassi a terra, con fango e impronte di scarpe». Con queste immagini forti Giovanni Bonomo, uno dei pescatori dell’Antartide, ha raccontato la sua terribile disavventura. «Ci gridavano, ci spingevano contro i muri. Dicevano parole incomprensibili, in arabo», ha spiegato Pietro Marrone, comandante del peschereccio Medinea, uscendo dalla caserma dei carabinieri, «Ci umiliavano, ci mettevano paura. Ci sembrava che tutto fosse finito». «Ho sentito i carcerieri parlare di uno scambio di prigionieri con l’Italia. Sospettavo che potessero essere dei terroristi», ha affermato Giri Indra Gunawan, uno dei 2 membri dell’equipaggio indonesiani sequestrati assieme agli 8 italiani, ai 6 tunisini e ai 2 senegalesi.