Ha aspettato che il semaforo per i pedoni diventasse verde. Poi ha accelerato con il Suv e li ha travolti tutti. È successo a Melbourne, nell’incrocio tra Flinders e Elisabeth Street, due delle strade più trafficate nella città australiana, poco dopo le 16.30 ore locali. Diversi i feriti, 19 dei quali sono stati trasportati d’urgenza all’ ospedale Alfred hospital e al Royal Melbourne. Tra loro c’è anche un bambino di quattro anni, con numerose ferite alla testa, che in quel momento stava attraversando la strada. La polizia ha arrestato il conducente del Suv: un trentaduenne australiano con origine afghane, capelli neri e barba lunga, fermato poco dopo l’incidente da un agente fuori servizio che ha riportato ferite alla spalla e alla mano.

Cautela – La polizia si muove con cautela. Il portavoce Creina O’Grandy ha spiegato in conferenza stampa che «si tratta un atto deliberato» ma è «ancora presto per sapere le motivazioni di questo atto criminale». Almeno per il momento, però, l’ipotesi terrorismo è esclusa. «Non sarebbe adatto descrivere l’uomo come un lupo solitario», ha detto il commissario Shane Patton che indaga sul caso. «Per ora non abbiamo nessuna prova per dire che ci sono legami col terrorismo, lo ripeto ancora una volta. Questo è un incidente terribile, è un reato… e in passato l’uomo ha avuto problemi psichici e di droga». Secondo il commissario, le persone non dovrebbero chiudersi in casa ma continuare a partecipare a tutti gli eventi pubblici anche perché l’allerta terrorismo non è stata alzata. Prosegue comunque, l’interrogatorio dell’uomo e di un altro ventiquattrenne che è stato arrestato ma sembra non avere nulla a che fare con quanto accaduto. L’incrocio continua ad essere chiuso al traffico, tutti i palazzi sono stati evacuati e gli agenti hanno chiesto a tutti di evitare l’area.

Le testimonianze – Diverse persone hanno assistito alla scena. Tra queste, il ventenne Lachlan Read. «L’incidente sarà durato circa 15 secondi. L’auto è passata a tutta velocità e poi è stato solo un bang, bang, bang. Uno dopo l’altro». Un altro testimone ha riferito alla radio 3AW che l’auto «ha falciato tutti, i corpi volavano». Secondo la polizia, in quel momento sul luogo della carambola c’erano tra 40 e 60 persone. Ora, circa un quarto di loro è in ospedale.

Le reazioni – «Per favore evitate l’area, state al sicuro, controllate che i vostri cari stiano bene. E grazie a tutti i nostri operatori di soccorso». Così ha scritto in un tweet Daniel Andrews, primo ministro australiano che il 20 dicembre ha preso parte al memoriale per ricordare le vittime della tragedia di Bourke Street: sei morti e 27 feriti travolti dall’auto guidata dal ventisettenne Dimitri Gargasoulas che si proclama tuttora innocente. Un incidente simile a quello odierno ma apparentemente scollegato a seguito del quale la polizia aveva però posizionato dei paletti. Paletti che avrebbero dovuto impedire ai veicoli di accedere alle zone pedonali ma che sono stati evitate dal conducente che è passato sopra ai binari del tram. Sempre su Twitter è intervenuto anche il deputato Adam Bandt. «Tutti i cittadini di Melbourne sono passati in quell’incrocio. Ma quando pensiamo ai feriti e alle loro famiglie, non chiudiamoci nella paura e apriamo il nostro cuore all’amore». Un appello che è rimbalzato poco dopo anche nei social della cattedrale di San Paolo, a pochi metri da Flinders Street. «Quando la nostra città soffre, soffriamo anche noi. Continuiamo a pregare per tutte le persone ferite nell’attacco di #FlindersStreet e per chi le ha soccorse, per la polizia e per la pace». All’ingresso, è ancora appeso il cartellone che invita i credenti e «gli abitanti affettuosi di Melbourne» ad «accogliere senza confini i rifugiati».

Il precedente – Il conducente del Suv è un membro dell’Isis? Per ora, «non ci sono prove di legami col terrorismo» che in Australia ha colpito già un’altra volta. Il precedente, il 6 giugno 2017. Un uomo spara a un agente e prende in ostaggio una donna in una palazzina nel distretto di Brighton, sempre a Melbourne. Si tratta di Yacquib Khayre, un giovane di origine somala, che prima di essere ucciso dalla polizia telefona ad una canale televisivo dove spiega di aver agito “in nome di Al Qaeda e dell’Isis”. In serata, arriva la rivendicazione dell’Isis. “Il killer è uno dei nostri soldati”.