Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza (Ansa)

Chi trova un amico trova un rifugio. Sparire per trent’anni restando nella stessa città, soprattutto se questa è piccola come Campobello di Mazzara, sembra possibile solo nella migliori trame di serie tv come I Sopranos o di film come Il Padrino. Eppure Matteo Messina Denaro ce l’ha fatta. Per vivere così a lungo come latitante e condurre tutto sommato una vita “normale”, riuscendo persino a vedere il match Palermo-Sampdoria allo stadio nel 2010, non si può certo essere da soli. I carabinieri stanno cercando di ricostruire la fitta rete di amici, meglio detti fiancheggiatori, per capire chi gli ha offerto coperture e assistenza per tutto questo tempo. Il primo arrestato la mattina stessa di Messina Denaro è Giovanni Luppino, l’autista che stava accompagnando il boss mafioso alla clinica La Maddalena di Palermo.

Primo arresto- Giovanni Luppino, 59 anni, dopo anni passati a coltivare la terra, aveva aperto di recente una piccola attività di rivendita di cultivar Nocellara del Belìce, un’oliva Dop del territorio di Campobello di Mazara e Castelvetrano. Lanciato nel business, l’autista del boss aveva aperto uno stabilimento che gestiva assieme ai figli. Fino a oggi incensurato e insospettabile, «Un signor nessuno» come lo ha definito il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia nella conferenza stampa del 17 gennaio, è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento con aggravante mafiosa.

Il prestanome – Oltre a Giovanni Luppino, altro personaggio chiave della vicenda è Andrea Bonafede, geometra 59enne di Campobello di Mazzara. È stato identificato come “prestanome” perchè con le sue generalità e documenti falsi, il boss si presentava nella clinica di Palermo per ricevere le cure. Interrogato dai carabinieri, ha ammesso di conoscere Messina Denaro sin da ragazzo e di aver ricevuto da quest’ultimo 20mila euro per l’acquisto dell’appartamento di Vicolo San Vito, covo del latitante. Attualmente è indagato per associazione mafiosa.

I medici – Sotto indagine sono finiti anche due medici. Il primo è Alfonso Tumbarello, di Campobello di Mazara. Medico di base ora in pensione, per anni ha avuto in cura Matteo Messina Denaro. L’ipotesi di reato è favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Tumbarello ha anche una carriera politica: nel 2006 si è candidato alle elezioni regionali siciliane in una lista Udc. Nel 2011 ha corso alle Comunali di Campobello di Mazara. Il medico apparteneva alla loggia massonica Grande Oriente d’Italia, ma ora è stato sospeso. A confermarlo con una nota è stato il gran maestro Stefano Bisi che ha annunciato la sospensione di Tumbarello «a tempo indeterminato da ogni attività massonica». Il secondo medico indagato è l’oncologo trapanese Filippo Zerilli. Secondo la Procura di Palermo avrebbe sottoposto ad alcuni esami il boss che si presentava sempre sotto falso nome. I medici potrebbero rischiare la radiazione dall’albo, come ha spiegato a Today Toti Amato, presidente dell’ordine dei medici di Palermo e coordinatore dei presidenti siciliani: «In Sicilia, per reati che riguardano connivenze con la mafia, procediamo sempre con la radiazione del collega, la massima sanzione applicabile».

Gli altri sospettati – Nelle ultime ore circolano nomi di altri possibili fiancheggiatori o conoscenti chiave di Messina Denaro. Spuntano diverse ipotesi legate al mondo della massoneria come riporta La Repubblica. Marcello Fondacaro, collaboratore di giustizia calabrese e massone di alto livello, ha detto che per lui Matteo Messina Denaro è come « un fratello». Le ipotesi sono, tuttavia, ancora da confermare e saranno oggetto di approfondimenti.