Prima c’è stata Mafia Capitale, poi è stata la volta del C.A.R.A. di Mineo. E per ultimo il centro d’accoglienza di Crotone. La gestione dei migranti è un business. Un giro d’affari, quello degli appalti sui centri d’accoglienza, capace di muovere milioni di euro e su cui la criminalità organizzata ha posato il suo sguardo. In che modo? Grazie ai «bandi di gara, costruiti ad hoc per escludere la concorrenza».

C.A.R.A di Mineo: bandi truccati e Mafia Capitale – Parole di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, in audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul Sistema di accoglienza. Come simbolo della situazione nazionale, Cantone ha ricordato il lavoro e le ispezioni svolte dalla sua agenzia sul C.A.R.A. di Mineo, nel catanese, al centro di un’inchiesta nata da una costola di Mafia Capitale. «Quello per il C.A.R.A. di Mineo era il classico bando costruito su misura, mancava soltanto che indicassero anche il nome del vincitore», ha spiegato. «E quando sollevammo i dubbi ci fu un vero e proprio fuoco di sbarramento contro il nostro provvedimento, che fu oggetto anche di attacchi in alcune audizioni parlamentari». Sul caso, la Procura di Catania ha chiesto a febbraio il rinvio a giudizio per 17 persone, tra cui il sindaco di Mineo Anna Aloisi, il sottosegretario Ncd Giuseppe Castiglione e l’ex presidente della coop che gestiva il centro Paolo Ragusa. Nel registro degli imputati anche Luca Odevaine, l’uomo che gestiva il business dell’accoglienza per Mafia capitale e che ha già patteggiato coi giudici una pena a 3 anni e 2 mesi. Le accuse: corruzione, promesse di voti in cambio di assunzioni al centro per richiedenti asilo, e turbativa d’asta nella gara d’appalto da 100 milioni. Soldi che servono, ogni anno, per garantire i servizi come le mense, le lavanderie, i corsi di lingua italiana dentro il centro d’accoglienza più grande d’Europa.

Le mani della ‘ndrangheta sull’accoglienza – Uno schema che ritorna nel caso del C.A.R.A. di Crotone, ma che vede questa volta coinvolta la ‘ndrangheta. Secondo le indagini della procura, la potente cosca calabrese degli Arena avrebbe gestito per dieci anni gli appalti del centro di Isola Capo Rizzuto, grazie alla mediazione del parroco del paese don Edoardo Scordio e a Leonardo Sacco, presidente delle Misericordie, l’ente che gestiva il centro. In questo caso i due avrebbero garantito alle imprese appositamente costituite dagli Arena la vittoria dei bandi di gara per la fornitura di servizi di catering e ristorazione. Un giro da affari di oltre 100 milioni di euro, di cui 36 finiti nelle casse del clan. «L’Anac si attiverà per valutare se ci sono i presupposti per un commissariamento», ha dichiarato Cantone che ha valutato come positiva una collaborazione con il Governo: «Bene ha fatto il ministro dell’Interno Marco Minniti a disporre un’ispezione al C.A.R.A., di cui l’Anac, chiederà di avere i risultati».

Come arginare l’infiltrazione mafiosa – Ma le soluzioni per evitare che il settore dei servizi sociali, medaglia del volontariato italiano, venga macchiato da interessi ci sarebbero. Ne è convinto il presidente dell’Anac che auspica «una divisione per capitoli degli appalti e l’attuazione di controlli più stringenti». Per scongiurare l’infiltrazione mafiosa nelle società un’idea potrebbe anche essere quella di «istituire albi di fornitori delle strutture». Sforzi che è necessario produrre anche per la serenità dei migranti, le prime vittime del sistema – ha concluso Cantone -, che invece di studiare e imparare l’italiano lavorano nei campi decine di ore e per pochi euro, sfruttati dai caporali.