Ci sarà il rimpatrio volontario per i 75 migranti ancora a bordo della nave Maridrive 601, un rimorchiatore battente bandiera egiziana che li ha soccorsi nelle acque territoriali tunisine il 31 maggio scorso. Anche i 64 bengalesi che avevano rifiutato la soluzione rimpatrio torneranno in Bangladesh. Lo riporta il giornale online bengalese The Daily Star. Per convincerli era salito a bordo l’ambasciatore di Dhakka in Libia, Sheikh Sekander Ali. «I migranti bengalesi saranno portati in Tunisia e voleranno verso il Bangladesh successivamente», ha detto il capo della diplomazia. A pagare i biglietti di ritorno sarà l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Il rimpatrio volontario è una delle politiche per favorire il ritorno dei migranti nei loro paesi di origine, messe in atto dall’Onu attraverso le sue agenzie e dai governi nazionali grazie a fondi europei.

Porti chiusi anche in Tunisia – 11 migranti avevano già dato l’accordo al rimpatrio: tra loro 9 egiziani, 1 marocchino e 1 sudanese. Tra i 64 bengalesi a bordo, 32 sarebbero minori non accompagnati, situazione che complicherebbe le pratiche di ritorno nel Paese d’origine. Il 1 giugno il governo di Tunisi e le autorità locali del porto di Zarzis avevano negato l’attracco alla nave giustificando il diniego con l’impossibilità di accogliere nuovi migranti a causa della saturazione dei centri di accoglienza. Nessun paese europeo si è offerto di accoglierli. Solo un mese fa, nelle stesse acque territoriali, un’altra nave di migranti partita dalla Libia era affondata con 60 migranti a bordo. Gran parte di loro era bengalese.

Sea Watch in alto mare – Non cambia invece la situazione della Sea Watch 3, al sesto giorno di stallo in mare al largo di Lampedusa. Il 12 giugno la nave aveva soccorso 52 migranti al largo della Libia. Sono rimasti in 43 a bordo dopo lo sbarco di 10 persone identificate come vulnerabili, cioè minori, donne incinte e malati. All’equipaggio della nave è stato notificato il decreto sicurezza bis, entrato in vigore il 15 giugno, che prevede multe da 10 000 a 50.000 mila euro per le navi che recuperano migranti in mare aiutandoli ad entrare in acque territoriali italiane. Inoltre il decreto prevede il sequestro dei rimorchiatori. Per la Sea Watch era stato disposto il dissequestro dalla procura di Agrigento, proprio qualche giorno prima del salvataggio avvenuto il 12 giugno. La nave era stata trattenuta nel porto della città siciliana di Licata il 18 maggio scorso, dopo aver ignorato la diffida del Viminale a non entrare nelle acque territoriali italiane.

La Capitana contro il Capitano –

Carola Rakete, capitana della nave battente bandiera olandese, ha detto ieri a Repubblica che «Lampedusa è il porto sicuro più vicino al punto dove abbiamo effettuato il salvataggio». L’equipaggio della nave non cambia dunque idea dopo i colloqui con la Guardia di Finanza sul decreto sicurezza. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha firmato due giorni fa il divieto di accesso della nave, commentando «Se vogliono venire in Italia evidentemente non vogliono salvare vite ma infrangere la legge».  Intanto l’Unhcr, l’Alto Commissariato per i rifugiati dell’ONU, fa sapere che «Alla luce della precaria situazione della sicurezza in Libia, delle frequenti violazioni dei diritti umani e il ricorso alla detenzione per le persone intercettate e recuperate in mare, nessun migrante deve essere respinto verso i suoi porti».