Alija Hrustic, 26enne imputato reo confesso per l’omicidio del figlio Mehmed, due anni, morto in zona San Siro nel maggio 2019, avrebbe una disabilità intellettiva di grado lieve. Secondo la consulenza psicologica, in aula alla Corte d’Assise di Milano il 20 aprile, ciò potrebbe aver condizionato l’uomo, che avrebbe difficoltà a capire le conseguenze delle proprie azioni. Una diagnosi che esclude l’incapacità di intendere e di volere e che potrebbe non bastare neppure come attenuante.

L’udienza – Durante l’udienza del 20 aprile, presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini, sono intervenuti gli ultimi consulenti convocati dall’avvocato difensore Giuseppe De Lalla. Tra questi gli psicologi, che hanno stabilito che Hrustic avrebbe problemi di «regolazione emotiva» e proverebbe scarsa empatia. In altre parole, farebbe fatica a decidere in maniera adeguata o, al contrario, non riuscirebbe a inibire altri comportamenti, magari violenti. Il profilo psicologico non assolve Hrustic, ritenuto in piene facoltà al momento dell’omicidio del figlio. Durante il pomeriggio la Corte ha rigettato la richiesta di sentire in aula le altre due figlie dell’imputato, di 3 e 5 anni.

Le accuse – Hrustic rischia l’ergastolo per i reati di omicidio volontario, maltrattamenti e tortura. Dall’introduzione nel 2017, è la prima volta che il reato di tortura viene contestato in Italia in ambito familiare. Il motivo sta nelle ore subito precedenti la morte del figlio, sottoposto a violenze connotate, secondo i pm, da «gratuita crudeltà».

L’omicidio – Il corpo del piccolo Mehmed era stato ritrovato il 22 maggio 2019 in una casa occupata in via Ricciarelli numero 22. Aveva i piedi fasciati e pieni di bruciature, la fronte fratturata. Almeno 50 i segni sulla pelle, dovuti a botte, morsi e calore, anche da fiamma viva, e inferti massimo 24 ore prima del decesso. Una prova innegabile delle violenze ripetute, subite in casa durante il giorno prima e nella notte da parte del padre. Fino al colpo in testa, che è risultato mortale. È Hrustic ad aver confessato i maltrattamenti nell’interrogatorio a San Vittore, dicendo di essere stato sotto l’effetto di hashish: «Il bambino si lamentava, io non riuscivo a dormire (erano circa le 3, Ndr), mi sono alzato e l’ho picchiato, l’ho visto che non respirava più, non credevo che l’avrei ucciso». La versione è stata confermata dalla moglie Silvjia Zahirovic, che ha ammesso di essere anche lei vittima di violenze e ha aggiunto: «Lo picchiava a mani nude ed era già successo; quando mio marito fuma, va fuori di testa. Perde il controllo».