Nella transizione ecologica l’idrogeno starà in disparte. Nella seconda “missione” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del governo Draghi, su uno stanziamento complessivo di 68,6 miliardi di euro, ci sono 230 milioni per stazioni di ricarica di auto a idrogeno. Come spiega Domenico Affinito sul Corriere della Sera, si arriverebbe a costruirne poco più di 100 in tutta Italia, dato che ognuna costa circa 2 milioni. Gli investimenti si orientano dunque su treni, autobus e camion: «L’Italia, in linea con la strategia europea, intende perseguire questa opportunità e promuovere la produzione e l’utilizzo di idrogeno», viene detto nel documento, «In particolare abilitando – tramite stazioni di ricarica – l’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto pesante e in selezionate tratte ferroviarie non elettrificabili». Per la mobilità privata, si preferisce l’elettrico: qui si arriva a 750 milioni per realizzare oltre 20mila punti di ricarica pubblici. «L’idrogeno è un favoloso carburante alternativo», spiega l’autore radiofonico Andrea Di Stefano, «Ma allo stato attuale delle ricerche, la sua produzione di è ancora estremamente impattante dal punto di vista energetico».

Idrogeno verde o blu – Un’auto elettrica percorre 100 km usando 25 kWh, mentre per la stessa distanza servono 50 kWh di idrogeno, il doppio. Inoltre, per stoccarlo e trasportarlo, è necessaria una pressione di 700 bar e -218 gradi centigradi. «La sua produzione richiede energia ricavata soprattutto da fonti fossili. Di conseguenza il bilancio ambientale non è così performante». Più del 90% viene estratto dalle molecole di metano, con reazioni chimiche che lo separano dagli atomi di carbonio. Queste però generano anidride carbonica, poi liberata nell’aria. Esiste anche un idrogeno “verde”, estratto dall’acqua in un processo che coinvolge solo fonti energetiche rinnovabili, come quella idroelettrica e solare. «Ma siamo ancora a una fase sperimentale, non esistono impianti capaci di fare questo su larga scala», spiega Di Stefano, «Nonostante gli sviluppi nelle ricerche, non mi aspetto un salto quantico nel breve termine». In questo momento, sarebbe meglio concentrare le risorse sugli accumuli, i sistemi di stoccaggio dell’energia rinnovabile. Il Pnrr sotto questo aspetto è poco chiaro, dato che i fondi faranno parte di un miliardo di euro destinati all’intero settore delle rinnovabili. Non è dato sapere l’entità esatta dello stanziamento. «La regolamentazione attuale del mercato italiano dell’energia non ha tenuto in considerazione gli accumuli, così continuiamo a rimanere ancorati alle fonti fossili».

Le auto a idrogeno – In Europa le auto a idrogeno sono ancora poco diffuse. Esistono due modelli in vendita: la Toyota Mirai (66mila euro) e la Hyundai Nexo (69mila euro). La Germania, dove ne circolano 586, è al primo posto tra i Paesi Ue; l’Italia, con 28, è all’ultimo. «Qui c’è comunque una situazione migliore per quanto riguarda l’ambito elettrico: in alcune aree, quasi il 40% dell’energia viene prodotto da fonti rinnovabili», afferma Di Stefano. La situazione è diversa in altre zone del mondo. In California circolano 10.361 auto a idrogeno, mentre il Giappone punta ad averne 200mila entro il 2025, sulla base della “Basic Hydrogen Strategy” approvata nel 2018.

Come funzionano – Le vetture a idrogeno sfruttano un serbatoio collegato a una cella a combustibile. Qui i suoi atomi, dopo un processo che li separa in ioni con carica positiva e negativa, si combinano con l’ossigeno, proveniente dall’aria esterna. Una parte del prodotto di questa reazione viene rilasciato dallo scarico posteriore sotto forma di vapore acqueo. Il resto serve a generare calore ed elettricità, che alimenta infine il motore.