Scoperchiato il vaso di Pandora di mobbing e molestie sessuali nelle agenzie pubblicitarie e di comunicazione milanese. Il mondo che creò il mito della Milano da bere oggi sembra sul punto di essere travolto da racconti e testimonianze di decine di donne molestate dai Mad Men all’ìtaliana. Alle prime denunce e indiscrezioni si stanno aggiungendo sempre nuovi racconti di molestie in quantità tale da far pensare a una specie in Me Too in salsa nostrana.

L’innesco – La bufera è partita con l’intervista al pubblicitario Massimo Guastini sull’account Facebook di Monica Rossi, pseudonimo di un utente uomo che appartiene al mondo dell’editoria. Creativo, due volte presidente dell’Art Directors Club italiano, Guastini ha denunciato abusi nel mondo della comunicazione. Tematica che lui porta avanti dal 2011, quando una sua stagista gli raccontò di essere stata molestata dal direttore creativo Pasquale Diaferia, ideatore della campagna pubblicitaria “Toglietemi tutto ma non il mio Breil” ma anche molestatore seriale. Nonostante il suo comportamento fosse noto nell’ambiente, Diaferia fu anche invitato come mentore all’Art Directors Club italiano, un ruolo di prestigio in cui si interfacciava con giovani creative per valutare i loro portfoli.

Il racconto – Lei aveva 20 anni, lui 50. Si offrì di accompagnarla a casa e invece parcheggiò in una zona isolata e la assalì per tentare di stuprarla. In un’intervista a La Repubblica l’allora stagista Giulia Segalla, ora 33enne, racconta che quell’episodio le ha cambiato per sempre la vita: «Ho dovuto lasciare Milano. Da allora salgo in macchina solo con persone che conosco molto bene, sempre due o tre alla volta». L’unica persona che nel 2011 le offrì ascolto e supporto fu proprio Guastini, mentre si sentì isolata dagli altri e non denunciò perchè temeva l’isolamento da parte del mondo pubblicitario. Guastini nell’intervista a Monica Rossi fa altri nomi e cognomi, parla delle testimonianze di dozzine di donne molestate. Amministratori delegati di importanti agenzie che toccano donne che lavorano con loro o che invitano le dipendenti considerate più “attraenti” alle cene di lavoro.

Il logo dell’agenzia We Are Social (Flickr)

“La chat degli 80” – Tra i casi citati da Guastini c’è anche una “chat della vergogna” di una famosa agenzia pubblicitaria, che si è fatta avanti per intervenire. Si tratta della sede milanese di We Are Social, un colosso della comunicazione con oltre 1200 dipendenti in tutto il mondo. Messaggi espliciti, insulti e classifiche degradanti ne “La chat degli 80”, un canale di comunicazione lavorativo Skype utilizzato durante l’orario di lavoro per commentare le colleghe. Della chat facevano parte gli oltre 80 uomini dipendenti dell’azienda, esclusi i tre capi. I messaggi risalgono a sei anni fa ma stanno emergendo ora sui social network. Venivano condivise foto in bikini prese dagli account di stagiste e giovani colleghe, le donne venivano insultate, si davano voti alle parti del corpo. La classifica dei lati B era ordinatamente aggiornata in un file Excel con «i piu bei culi dell’azienda». Gabriele Cucinella, uno dei fondatori di We Are Social ha dichiarato l’intenzione di avviare un’indagine interna affidata a un ente terzo: «Siamo intervenuti nella vicenda proprio per non nasconderci. Vogliamo tutelare tutte le persone che lavorano con noi».

Le segnalazioni su Instagram – L’intervista di Guastini ha innescato una valanga di commenti e nuovi racconti. Tra questi, quello della copywriter milanese Tania che, dopo aver denunciato le molestie subite in un’agenzia dove ha lavorato, ha iniziato a raccogliere le testimonianze di altre donne sulla propria pagina Instagram Taniume. Tra i racconti, quello di una donna che riferisce le «umiliazioni» subite in ufficio da parte del capo: «Mi metteva le mani al collo anche davanti agli altri». Tania ha creato un apposito Google Form, un “safe place per denunce e testimonianze” che garantisce l’anonimato e dà la possibilità di raccontare la propria storia alle proprie condizioni. Se si dà l’autorizzazione, Tania mette in contatto anche con giornalisti selezionati. Il form ha già registrato un fiume di segnalazioni, non solo dal mondo pubblicitario.