«È finito un calvario durato 15 mesi». Seppur addolorato, il padre di Samantha D’Incà è sollevato all’idea che la figlia non soffrirà più. La 31enne è morta sabato, 19 marzo, dopo che i medici hanno spento i macchinari che la tenevano in vita, a conclusione del percorso di accompagnamento al fine vita richiesto dalla famiglia e autorizzato dalla magistratura. La giovane era entrata in coma vegetativo il 4 dicembre 2020, a causa di un’infezione polmonare contratta a seguito di un banale intervento al femore. Originaria di Feltre, D’Incà era ricoverata in una casa di riposo di Cavarzano nel Bellunese, dove da tempo veniva nutrita attraverso un sondino. I medici della struttura, che appartiene all’Unità locale socio-sanitaria (Ulss) 1 Dolomiti, avevano stabilito che, qualora si fosse verificato un nuovo peggioramento dello stato di salute della ragazza, i genitori avrebbero potuto intervenire.

Le peripezie legali – «Abbiamo perso tante battaglie ma alla fine abbiamo vinto la guerra. Aveva ragione mio marito: finché avremo respiro, diceva, lotteremo per la dignità e il rispetto che Samantha merita». Era il novembre 2021 quando, con queste parole, Genzianella Dal Zot, madre della ragazza, accolse con entusiasmo la decisione del giudice Umberto Giacomelli di affidare al padre Giorgio D’Incà l’ultima scelta sui trattamenti sanitari della figlia. Una scelta, quella di Giacomelli, in contrasto con il parere del pubblico ministero, che avrebbe preferito confermare come amministratore di sostegno l’avvocato Andrea Baldassi. I genitori avevano deciso di adire le vie legali consapevoli che nessun trattamento avrebbe sbloccato la situazione e che Samantha «non avrebbe accettato di essere lasciata in quelle condizioni».

Il testamento non scritto – «Quando vado a trovare Samantha mi si spezza il cuore – aveva rivelato Giorgio al Corriere delle Alpi qualche mese fa – Di notte dormo poco e non sarò mai più sereno. La mia vita è già cambiata 11 mesi fa e l’unica liberazione per me sarà morire. Non è naturale quello che sto vivendo. Ho i suoi ricordi, che sono belli, ma vivo male perché so che sono solo ricordi». Frammenti di una vita, troppo labili per ridare un sorriso, ma necessari per porre fine alla sofferenza della giovane che pativa atroci spasmi muscolari. In assenza di un testamento scritto direttamente da Samantha D’Incà, impossibilitata a redigerlo per le condizioni di salute, il provvedimento del magistrato Giacomelli ha permesso ai genitori di ricostruire le sue ultime volontà sulla base del rapporto che li legava alla figlia da 31 anni. Una disposizione conforme alla normativa in vigore nel nostro Paese, che prevede il rispetto della volontà della persona malata nell’ambito delle scelte di fine vita, anche se la persona malata non ha redatto le disposizioni anticipate di trattamento.

Il precedente storico – «Il suo cervello per troppo tempo non aveva ricevuto ossigeno. La nostra Samy era entrata in ospedale per una frattura, ne è uscita come un vegetale, come Eluana Englaro. Intorno alla nostra famiglia è sceso il buio», raccontavano cinque mesi fa i genitori a La Repubblica. Il riferimento è alla donna morta il 9 febbraio 2009, dopo 17 anni di coma vegetativo. La causa fu un incidente stradale, avvenuto il 18 gennaio 1992, a causa del quale Englaro riportò traumi gravissimi al cervello. Dopo due anni passati nella casa di cura di Lecco Beato Luigi Talamoni, il padre Beppino Englaro decise di ingaggiare una dura battaglia legale per ottenere il permesso di staccare la spina. Il caso divise l’Italia intera. La Corte d’Appello di Milano autorizzò la sospensione dell’alimentazione il 9 luglio 2008, ma la decisione destò polemiche e indignazione: associazioni, comitati etici e politici scesero in campo in difesa del diritto alla vita. Le tensioni superarono i confini italiani: il 22 dicembre del 2008 arrivò il verdetto della Corte europea per i diritti dell’uomo che respinse il ricorso presentato da diverse associazione contro il decreto della Corte d’appello di Milano. Venne così autorizzato il distacco del sondino per l’alimentazione artificiale che pose fine all’agonia di Eluana.