A distanza di pochi giorni dal suicidio di Alex D’Ambrosio, persona transgender residente a Sesto San Giovanni e nota sui social, la Procura di Monza ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. I carabinieri analizzeranno anche gli account degli utenti che nel tempo hanno commentato i contenuti pubblicati da Alex con insulti e parole d’odio.
Chi era – Alex D’Ambrosio aveva 21 anni, lavorava in un negozio di articoli sportivi e sui social condivideva la sua storia. Soprattutto su TikTok, dal 2020 aveva iniziato a parlare della sua trasformazione, del percorso di scoperta della propria identità di genere. Alex all’anagrafe è infatti Davide Garufi. Per questo, nelle ultime ore, le cronache hanno riportato il suo caso con nomi molto diversi. La Sestina ha chiesto un chiarimento a Christian Leonardo Cristalli, membro della segreteria nazionale di Arcigay con delega ai diritti delle persone transgender, che ha spiegato che aveva adottato un altro nome, quello appunto di Alex D’Ambrosio (come testimoniato dallo username del profilo Instagram). Nella notte tra mercoledì 19 e giovedì 20 marzo, Alex ha scelto di togliersi la vita sparandosi con la pistola del padre, un agente di polizia penitenziaria. Non ha lasciato biglietti d’addio. Da quando aveva iniziato a raccontarsi sui social, riceveva continuamente commenti di odio e insulti, proseguiti sul suo profilo anche dopo la morte.
Il fascicolo – La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Detto che questo è un passaggio tecnico obbligato per consentire gli esami giudiziari e poter eseguire l’autopsia, le forze dell’ordine analizzeranno i commenti sotto ai video di Alex, nei quali diversi utenti scrivevano insulti arrivando ad augurare la morte. I magistrati hanno anche disposto il sequestro del telefono della vittima per controllare se, oltre all’attività pubblica sui social, ci siano chat private che possano aver contribuito a quanto è accaduto.
Anti-social – Daniele Durante, delegato ai Diritti della segreteria di Sinistra Italiana Milano, è tra i primi a schierarsi apertamente sul caso in un post su Instagram: «Non considero la morte di Alex un suicidio, ma un omicidio che ha degli responsabili: la nostra società “tradizionale” ed egoista e la cultura che esprimono i movimenti che negano l’esistenza di queste persone, umiliandole». Un tema che sui social assume una portata maggiore, come spiegato da Christian Leonardo Cristalli: «Come persone trans siamo continuamente bersaglio di violenze e commenti d’odio, nella vita reale e soprattutto in rete. Serve un impegno politico chiaro da parte delle piattaforme, la violenza e il bullismo digitale sono ormai sistemici. Persone giovani scelgono di raccontarsi online e vengono travolte dall’odio». Cristalli menziona poi uno studio che ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans, and Intersex Association) propone ogni anno riguardo al rispetto dei diritti della comunità Lgbtq+ nei vari Paesi d’Europa. Nel 2024 l’Italia si trova al 35esimo posto su 46 totali nella “RainbowMap”: «Serve un cambiamento culturale, che si smetta di far finta di niente – commenta Cristalli – È difficile scardinare pregiudizi e stereotipi in un momento storico in cui ci è vietato anche andare nelle scuole a parlare di chi siamo».