Un George Floyd italiano? La famiglia di Enrico Lombardo ne è convinta. I congiunti del quarantaduenne morto il 27 ottobre del 2019 a Spadafora (Messina) dopo un fermo dei carabinieri hanno deciso di fare ricorso contro l’archiviazione di quattro indagati, un militare e tre operatori sanitari, disposta dal Gip. Domani venerdì 23 giugno la Corte di Cassazione deciderà se le indagini dovranno continuare. Amnesty, l’associazione “A buon diritto” e la senatrice Ilaria Cucchi hanno organizzato un incontro il 19 giugno dal titolo “Cos’è successo a Enrico Lombardo” per far luce sulle tante ombre che ancora avvolgono il caso.
Il caso – Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre del 2019 Enrico Lombardo, dopo un fermo dei carabinieri, muore sotto casa dell’ex compagna. I militari, chiamati dalla donna, sono intervenuti una prima volta per calmare Lombardo che, secondo quanto riferito, era «in stato di nervosismo per motivi familiari», ma si dimostrava «vigile e collaborante». Ma dopo due ore, quando il quarantaduenne si ripresenta sotto casa della compagna, avviene una violenta colluttazione con i carabinieri che si conclude con quella che viene definita una manovra di contenimento, simile a quella che nel 2020 costò la vita a George Floyd. In un video ripreso da un balcone si vede Lombardo ammanettato che viene immobilizzato a terra per circa 20 minuti. Due agenti in divisa gli bloccano spalle e gambe, mentre un terzo in borghese (che si scoprirà essere il comandante della stazione) preme il ginocchio sulla schiena del quarantaduenne. Lombardo viene dichiarato morto alle 02:47.
Le ricostruzioni e il ricorso – Secondo i carabinieri, il decesso di Enrico Lombardo sarebbe imputabile a un malore accusato durante le fasi del fermo e le macchie di sangue rimaste sull’asfalto all’impatto della testa contro lo spigolo di una cabina telefonica. Una ricostruzione che non convince il legale dell’uomo, Piero Pollicino, secondo cui le foto mostrerebbero “un corpo martoriato da ecchimosi, lesioni e ferite in tutte le parti”. Troppo per un malore. La procura di Messina ha iscritto nel registro degli indagati un carabiniere (il capo stazione in borghese) e tre sanitari del 118, ma il Gip ne ha disposto l’archiviazione. I familiari di Lombardo hanno scelto di fare ricorso contro la decisione del giudice per le indagini preliminari: domani 23 giugno la V sezione della Cassazione deciderà se le indagini dovranno proseguire oppure no.
Un nuovo “caso Cucchi”? – Ilaria Cucchi, senatrice e sorella di Stefano Cucchi, il trentunenne morto il 22 ottobre del 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare e per cui la Corte di Cassazione ha condannato due carabinieri (Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro) a 12 anni per omicidio preterintenzionale, condivide i dubbi della famiglia di Lombardo. Secondo la senatrice, Amnesty e l’associazione “A buon diritto”, che hanno organizzato a Roma un evento dal titolo “Cos’è successo a Enrico Lombardo?” proprio per far riaprire il caso, tra le possibili cause del decesso potrebbe esserci proprio la manovra di contenimento, molto simile a quella che il 25 maggio del 2020 a Minneapolis ha causato la morte dell’afroamericano George Floyd. Anche in Italia ci sono stati decessi simili, da Federico Aldrovandi a Vincenzo Sapia, da Bruno Combetto a Arafet Arfaoui. Nonostante questi e altri casi, e dopo gli arresti per violenze di cinque poliziotti della questura di Verona, la maggioranza di governo intende rivedere il reato di tortura introdotto nel 2017 dopo le sanzioni della Corte europea dei diritti dell’uomo perché, secondo Fratelli d’Italia, ostacolerebbe il lavoro delle forze dell’ordine.