
Il faccendiere Flavio Carboni. (Foto Ansa)
Stava scrivendo «un libro di memorie» in cui voleva svelare «la vera storia di tanti misteri d’Italia». Ora i segreti di cui Flavio Carboni era a conoscenza potrebbero rimanere celati per sempre: nella notte del 24 gennaio 2021 è morto a Roma all’età di 90 anni, forse colpito da un infarto. Il suo nome si lega fin dagli anni ’70 a quello di tanti personaggi controversi e oscuri del panorama nazionale: dal capo della P2 Licio Gelli al «cassiere di Cosa Nostra» Pippo Calò, dall’ex gran maestro massone del Grande Oriente d’Italia Armando Corona all’agente segreto Francesco Pazienza. Proprio all’ex 007 si deve il ritratto forse più fedele del faccendiere sassarese: «Era un tipico personaggio italiano che sapeva destreggiarsi magnificamente in mezzo ai casini del nostro Paese e ai misteri».
Crac e delitti – Imprenditore e uomo d’affari. Tante le accuse e altrettante le assoluzioni. L’ultima è arrivata il 14 gennaio di quest’anno, il giorno del suo novantesimo compleanno, scagionato dall’indagine per trasferimento fraudolento di fondi. Ma la più importante è legata alla morte (tutt’ora da chiarire) del “banchiere di dio” Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati a Londra il 18 giugno 1982. All’omicidio erano stati collegati molti anni dopo proprio Carboni e il mafioso Pippo Calò: entrambi erano entrati in affari con Calvi, allora presidente del Banco Ambrosiano che stava attraversando gravi difficoltà economiche. Carboni e Calò furono accusati di essere i mandanti dell’omicidio e finirono a processo nel 2005 assieme all’ex compagna di Carboni Manuela Kleinszig e ad Ernesto Diotallevi della Banda della Magliana. Carboni venne assolto (assieme agli altri) per insufficienza di prove in primo grado dall’accusa di omicidio aggravato e premeditato, un’imputazione che lui stesso definì «buffonata» e «martirio personale». L’unica sentenza di condanna definitiva a suo carico è quella a 8 anni e 6 mesi di reclusione per il crac del Banco Ambrosiano, assieme all’imprenditore Umberto Ortolani, a Licio Gelli e Francesco Pazienza. Anche in questo caso, però, la pena non fu scontata grazie a un’amnistie e alla detrazione della carcerazione preventiva.
P2 e P3 – Carboni ha sempre negato il suo rapporto con la massoneria e con la P2:«Non ho mai conosciuto Gelli, non ho mai fatto parte della P2. Anzi, non ho mai fatto parte della massoneria in generale. Che poi abbia conosciuto tanti personaggi di primissimo piano – come tutti a quell’epoca del resto – che potessero avere simpatie o aderire a logge è un’altra storia», aveva detto recentemente all’Adnkronos. «Ho avuto un rapporto molto intenso con Armando Corona, gran maestro del Grande Oriente, e della P2 so quello che mi ha detto lui. Uno dei grandi protagonisti della formazione di quella branca massonica penso sia stato Umberto Ortolani, credo possa definirsi il ‘padre’ della P2. Poi Gelli ne è stato un ottimo allievo nello svilupparla e nel raccogliere tutte quelle adesioni molto importanti, di qualità… Ci sarebbe stato perfino l’allora capo del Sismi, Giuseppe Santovito. Se c’è qualcosa da domandarsi, dunque, è come mai la P2 abbia raccolto il consenso di tanti autorevoli personaggi». Sulla loggia P3, il gruppo di interessi denominato così dalla stampa per rimarcare la somiglianza di protagonisti e interessi con la P2, Carboni commentava così: «Un’altra grottesca invenzione». È stato indagato per concorso in corruzione nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti per l’energia eolica in Sardegna e condannato in primo grado a 6 anni e 6 mesi di carcere per la violazione della Legge Anselmi sulle società segrete. Secondo la sentenza, la P3 mirava a condizionare il funzionamento degli organi dello Stato e della pubblica amministrazione mediante il collocamento in posizioni rilevanti di figure gradite.
Al centro degli intrighi? – Antonio Mancini, membro della Banda della Magliana e collaboratore di giustizia, definì Carboni «un anello di raccordo tra la Banda della Magliana, la mafia di Pippo Calò e gli esponenti della loggia P2 di Licio Gelli». Falso, truffa, bancarotta fraudolenta, riciclaggio: dal 1982 (primo arresto in Svizzera) Carboni è stato accusato e arrestato più volte e ha trascorso brevi periodi in carcere. Durante il sequestro dell’allora presidente del Consiglio Aldo Moro, il faccendiere aveva consigliato a esponenti della Democrazia Cristiana di consentire alla mafia di intervenire sulle Brigate Rosse. È stato socio di Silvio Berlusconi per la costruzione di alberghi, ville e appartamenti di lusso nel progetto Costa Turchese, conosciuto anche come Olbia 2, e aveva avuto contatti con il principe Carlo Caracciolo, editore di Repubblica e cognato di Gianni Agnelli. Aveva rapporti con il Vaticano e frequentazioni con esponenti della Banda della Magliana, tra cui Danilo Abbruciati, che fu ucciso dopo aver sparato al vicepresidente di Banco Ambrosiano Roberto Rosone, ed Ernesto Diotallevi, il cassiere della banda romana. Per questo, nel 2010 era stato ascoltato come testimone dalla procura di Roma nell’ambito del caso sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il 18 gennaio 2022 è stato condannato per riciclaggio di denaro proveniente dalle fatture inesistenti emesse dall’imprenditore Valeriano Mureddu, che nel 2014 fece da intermediario tra Carboni e l’allora vicepresidente di Banca Etruria Pierluigi Boschi, il padre della deputata Maria Elena Boschi (Italia Viva)