Il primo marzo è morta Imane Fadil. Forse per avvelenamento, dopo quasi due mesi di agonia. L’ex modella 34enne era considerata una testimone chiave nell’inchiesta “Ruby ter”, quella che riguarda la presunta corruzione di testimoni  in favore di Silvio Berlusconi nel processo “Ruby Rubacuori”. La morte della donna è diventata un caso, intorno al quale aleggiano e continuano a sovrapporsi diversi misteri, alcuni dei quali sembrano al momento lontani dal poter essere risolti. Ecco i nodi della vicenda.

Il rapporto fra la procura e l’Humanitas – La procura della Repubblica di Milano sostiene di non aver ricevuto comunicazione dalla clinica Humanitas del ricovero di Fadil, che raccontava di essere stata avvelenata. L’ospedale replica di aver avvertito dieci giorni prima la polizia giudiziaria, che avrebbe riportato il fatto al pubblico ministero di competenza. Imane Fadil muore presto la mattina del primo di marzo, con il risultato che non è stato possibile ascoltarne la testimonianza, forse decisiva, non solo nell’ambito del processo “Ruby ter”, ma a questo punto anche del sospetto omicidio premeditato ai suoi danni. Si capirà qualcosa di più nei prossimi giorni, con la fitta attività istruttoria dei pm. Oggi, 18 marzo, è a colloquio con la Procura il direttore sanitario della struttura che ha ospitato gli ultimi giorni di vita di Fadil. Di seguito toccherà alle testimonianze dei medici, degli infermieri e del resto del personale con cui la donna ha avuto contatti. Poi, ancora, ad amici e parenti della ragazza, oltre che ai personaggi e alle altre donne da lei citati nei precedenti verbali come ospiti dei festini di Arcore.

Il cadavere proibito – «Non farla vedere a nessuno», recita l’ordine nel registro dell’obitorio dove è conservato il corpo di Imane Fadil. L’isolamento della salma vale anche per la madre e i fratelli che l’hanno assistita fino all’ultimo giorno. La cautela della procura è al momento estrema ed è necessario evitare qualsiasi forma di contaminazione fino all’autopsia, che non potrà essere svolta prima di mercoledì o giovedì. Allora, forse, si capirà se si possa escludere il decesso per malattia, ancora non del tutto escluso dal capo della procura Francesco Greco. Imane Fadil viveva da diverso tempo in una cascina fatiscente a Chiaravalle, poco fuori Milano. Lei stessa ha raccontato la presenza di topi nell’abitazione. Resta da verificare un possibile collegamento fra le condizioni di vita quotidiana della donna e un’eventuale malattia rara.

Imane Fadil davanti al tribunale di Milano (foto Ansa)

Avvelenamento o morte naturale? – Quel che appare certo, per il momento, è che la donna sia arrivata in ospedale con un’aplasia midollare. Si tratta di una disfunzione del midollo osseo, che smette di produrre globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, rendendo il sangue incapace di riprodursi e nutrire gli altri organi. Escluso il tumore che provoca la disfunzione, negativi i test sulla leptospirosi e su una malattia autoimmune come il lupus. Poi l’Humanitas, insieme al centro antiveleni dell’ospedale Niguarda, ha sgombrato il campo dall’ipotesi di avvelenamenti più comuni come quello da arsenico. A questo punto la clinica di Rozzano si è rivolta alla Maugeri di Pavia, specializzata in questo tipo di analisi, per verificare l’eventuale presenza di metalli. I risultati arrivano il giorno della morte di Fadil, quando è già troppo tardi: rilevati cromo, nichel, molibdeno e cobalto, ma in quantità di poco superiori alla media. Per questo nasce l’ipotesi del cobalto ionizzato, materiale radioattivo molto raro, che nessuna delle cliniche citate può rilevare con le sue strumentazioni. Quando arriveranno ulteriori analisi e l’autopsia, però, potrebbe essere troppo tardi per trovare qualcosa nel sangue, che ha subito molte trasfusioni. I medici nutrono maggiori speranze sui reni, che nel loro compito di filtraggio potrebbero mantenere più a lungo campioni utili.

Il rapporto con Berlusconi – Secondo il ministro del Sud Barbara Lezzi è gravissimo che Silvio Berlusconi dica di non conoscere Imane Fadil: «Questa ragazza doveva testimoniare e voleva scrivere un libro su Berlusconi», sostiene il ministro ai microfoni di Radio 24. Altri personaggi vicini al leader di Forza Italia sottolineano invece come sia possibile che il “cavaliere” non la ricordi tra le numerosissime ospiti che passavano da Arcore. Tra questi Vittorio Sgarbi, che racconta a Il Giornale di essere stato ospite fisso di cene e festini nella villa di Berlusconi in quanto suo amico e di ricordare la ragazza come «una comparsa, una presenza laterale» e che dunque «può benissimo essere che Silvio non abbia memoria». La donna però ha sempre detto di ricordarsi molto bene di Berlusconi e ha ribadito in diverse intercettazioni telefoniche con amici di avere «molte cose da dire».

Foto Ansa

Il siriano fantasma – Non solo: durante una testimonianza in aula nel giugno del 2012 disse di essere stata invitata a un incontro ad Arcore «per avere dei soldi». Chi l’ha invitata? Saed Ghanaymi, un siriano che le disse di chiamarsi Marco e «di essere amico di Silvio Berlusconi». Quest’uomo la chiamava su un telefono e una scheda da lui stesso forniti alla donna per avvisare quando si sarebbe dovuta presentare a villa San Martino. Prometteva soldi da parte di Berlusconi sia per coprire gli scandali a cui aveva assistito durante le cene a luci rosse, sia per stimolare dichiarazioni favorevoli da rendere ai magistrati inquirenti: questo secondo quanto dichiarato da Fadil durante l’interrogatorio del Pm Sangermano nel 2012. Fadil preciserà poi di non aver accettato il denaro offertole e di non essere mai stata un’olgettina.