“Un boato e il cielo squarciato da una nuvola alta nera di fumo”. Era il 12 novembre 2003 quando un camion carico di esplosivo guidato da due kamikaze è saltato in aria, uccidendo 28 persone a Nassiriya. Gianfranco Scalas, ex addetto stampa dell’Esercito si trovava in Iraq quando 19 italiani persero la vita. “15 anni ma Noi non dimentichiamo mai”, scrive su Facebook nel giorno del ricordo. Una strage che le istituzioni hanno voluto ricordare.

“Per sconfiggere le tenebre c’è bisogno della collaborazione tra i popoli”, ha scritto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Il capo dello Stato ha definito “barbaro” l’attentato, sottolineando che “il nostro Paese crede fermamente nella necessità di uno sforzo unitario per la sicurezza e la stabilità, per l’affermazione dei diritti dell’uomo”. Gli fa eco il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, che esprime cordoglio per le vittime e vicinanza ai familiari. Pesante il prezzo pagato dall’isola: sette morti. Al ricordo si uniscono anche il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e Ignazio La Russa, vicepresidente del Senato ed ex ministro della Difesa.

La strage – Il 12 novembre del 2003 un contingente italiano si trova a Nassirya, in Iraq, impegnato in attività di “peacekeeping”. Nella prima mattinata la base militare “Maestrale” viene attaccata da un camion pieno di esplosivo guidato da due kamikaze iracheni. Il bilancio per l’esercito italiano è il più pesante dai tempi della Seconda Guerra

Domenico Intravaia, soldato italiano morto nella strage di Nassirya il 12 novembre 2003

Mondiale: 17 soldati uccisi, tra cui 12 carabinieri e 5 militari dell’Esercito. I funerali di Stato del 18 novembre a Roma riuniscono una folla commossa accanto alle istituzioni. Nassiriya era sede dell’ “Operazione Babilonia”, una missione di pace che prevedeva attività di ricostruzione, ripristino e mantenimento dell’ordine pubblico e addestramento della nuova polizia irachena.

 

I familiari non dimenticano – Quindici anni, ma il dolore per i familiari delle vittime rimane ancora. “Mio padre ha pagato con la vita il suo amore per la Patria. Questo amore, che ha trasmesso anche a me, è il dono più prezioso che potesse lasciarmi. Nassiriya ha segnato il destino non solo della mia famiglia ma anche quello del Paese”, scrive Marco Intravia, figlio del brigadiere Domenico.