Come i loro padri, ma più spudorati. Cinquanta membri della ‘Ndrangheta, in buona parte giovani eredi di clan storici come i Morabito “Tiradritto” e i Palamara-Scriva, sono stati arrestati nella mattina del 7 novembre a Reggio Calabria: controllavano appalti in alcuni comuni della città metropolitana. Una volta hanno persino fatto irruzione durante una riunione della Giunta per minacciare sindaco e vicesindaco, diffidandoli dall’assegnare ad altri i lavori. Sui loro profili social non si facevano problemi a postare foto che li ritraevano armati: «Un modo per autocelebrarsi», ha spiegato un investigatore,. «Ma anche per mandare un messaggio chiaro ai coetanei: qui comandiamo noi».
Le accuse – I loro post pubblicati su Facebook sono diventate prove a carico del “Banco nuovo” e dei “Cumps” (abbreviazione americanizzata di “compari”), attivi in Calabria, ma che già da mesi si erano fatti notare nell’hinterland milanese, zona d’influenza del nipote del boss Giuseppe Morabito, il “Tiradritto”. Su richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dei pm Antonio De Bernardo, Simona Ferraiuolo e Francesco Tedesco, 32 persone questa mattina sono finite in carcere, 7 ai domiciliari e 11 hanno ricevuto una misura di obbligo di dimora perché accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con violenza e minaccia, turbata libertà degli incanti, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi clandestine e munizionamento, ricettazione, tutti aggravati dal metodo mafioso. Le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dal Comando provinciale dei carabinieri.
I metodi – Oltre a interferire con l’attività del Comune, più volte gli arrestati si sono presentati alle ditte titolari dei lavori, pretendendo che li abbandonassero e li lasciassero a loro. Grazie a dipendenti e funzionari pubblici corrotti, per i clan c’era campo libero. Anche un responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune, Domenico Vitale, è stato arrestato: secondo quanto emerso dall’indagine, sarebbe stata la gola profonda dei clan all’interno dell’amministrazione e il principale interlocutore quando servivano autorizzazioni e permessi per questo o quel lavoro. La disponibilità di armi e munizioni rendeva “convincenti” le richieste dei giovani criminali. Questa mattina, perquisizioni e sequestri sono stati eseguiti anche in Lombardia e Liguria.