È in grado di sostenere il processo Alessia Pifferi, a giudizio per la morte della figlia Diana. La bambina aveva 18 mesi quando è stata trovata senza vita in casa, dove sarebbe stata abbandonata dalla madre per sei giorni. Il processo è iniziato lunedì 8 maggio davanti ai giudici della Corte d’Assise di Milano. La difesa ha chiesto che fosse svolta una perizia psichiatrica per determinare se la donna possa stare in giudizio, ma la domanda è stata respinta. Nel corso del processo l’avvocato potrà chiedere di nuovo la perizia psichiatrica per valutare capacità di intendere e di volere all’epoca dei fatti. Pifferi deve rispondere di omicidio volontario aggravato.

L’udienza – Quando è entrata in aula, Alessia Pifferi aveva i capelli raccolti e lo sguardo basso. Pochi minuti prima che iniziasse il processo, con una bottiglietta d’acqua in mano, si è seduta accanto al suo difensore, l’avvocatessa Pontenani. Una fila dietro di loro, dal lato opposto, la sorella Viviana Pifferi, che si è costituita parte civile al processo e indossa una maglietta con stampata una foto di Diana. L’avvocato difensore ha chiesto che fosse valutata la capacità della sua assistita di prendere parte a tutte le fasi del processo. Lo ha fatto sulla base di un documento, cioè una relazione medica prodotta dal carcere di San Vittore, in cui si farebbe riferimento a un possibile deficit psichiatrico dell’imputata. Contrari i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, per i quali l’istanza andava rigettata per tre ragioni. Non ci sono precedenti clinici che giustifichino una perizia; secondo altri atti documentati e relativi alla detenzione a San Vittore, la donna sembrerebbe avere acquisito consapevolezza dell’accaduto e ne parlerebbe da persona “lucida e consapevole”. Secondo una relazione letta in aula da De Tommasi, inoltre, Pifferi avrebbe rifiutato psicofarmaci e sonniferi. La corte ha respinto la richiesta della perizia psichiatrica, perché “dall’unico atto medico prodotto dalla difesa a sostegno della richiesta, non emerge alcun elemento che possa far dubitare della piena capacità della signora pifferi di partecipare al processo”, ha detto il giudice Ilio Mannucci Pacini.

La vicenda – Pifferi è accusata di avere abbandonato la figlia per un lasso di tempo tanto lungo da averne determinato la morte. Secondo i pm, la donna sarebbe uscita da casa il 14 luglio per raggiungere il compagno di allora in provincia di Bergamo. La piccola sarebbe morta di stenti, ritrovata il 20 luglio nell’abitazione della madre. Leggendo i capi di imputazione, il giudice ha aggiunto le aggravanti di premeditazione, futili motivi e di aver commesso il fatto contro un minorenne.