«Vaff…, non è caduto! Vai, chiudilo, chiudilo, chiudilo che cade! No, non è caduto. Ha perso il casco!». Era il 24 novembre quando le dash cam della gazzella lanciata alle calcagna del TMax. A Bordo c’erano Ramy Elgaml, 19 anni, e Fares Bouzidi, 22. Settimane dopo, l’8 gennaio, i video dell’inseguimanento diventano virali. E così le frasi registrate. La storia ci racconta come finì la corsa, cantava Guccini: la telecamera dell’incrocio riprende lo schianto, l’impatto contro un palo, l’auto dei carabinieri subito dietro, quasi attaccata. «Via Quaranta, Ortles, sono caduti», le ultime parole registrate dalla videocamera di un’altra auto sulla scia dello scooter. «Bene!», risponde il collega. Ramy finisce travolto, muore sul colpo.
«Nessuna intenzione di speronare», dice ora la perizia condotta dall’ingegnere Domenico Romaniello, in una consulenza cinematica di 166 pagine disposta dalla procura. Foto, ricostruzioni in 3D, rendering da prospettiva aerea: tutto per cercare di ricostruire quella frazione di secondo, di far coincidere la verità fattuale con quella processuale. Un contatto tra l’auto e la moto è avvenuto, si legge, ma «certamente nella fase finale» del tallonamento, e a causa della «manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile» di Bouzidi: il carabiniere «nulla ha potuto fare per evitare tale contatto», e le procedure «previste nei casi di inseguimento risultano essere state rispettate».
La ricostruzione – 24 novembre, le 3:40 del mattino. I due ragazzi a bordo della moto non si fermano all’alt dei carabinieri. Parte l’inseguimento, che da viale Montegrappa si dispiega fra le strade milanesi per otto chilometri e circa venti minuti di adrenalina. Fares fugge perché senza patente, Ramy seduto dietro di lui. Alla gazzella in corsa se ne aggiungono altre, lungo il tragitto cade il casco del diciannovenne. All’incrocio fra via Ripamonti e via Quaranta, Fares fa per sterzare a sinistra, ma poi si raddrizza e curva verso destra, e va verso la rampa del marciapiede. L’impatto contro il palo, l’inutile massaggio cardiaco. A riprendere la scena col cellulare c’è Omar S. E., unico testimone oculare, a cui viene subito dopo intimato di eliminare il video. «Stavo ancora registrando quando una pattuglia se n’è accorta e si avvicinata chiedendomi il documento e dicendomi di cancellare il video, aggiungendo che ero passibile di denuncia», si legge nel verbale.
Il processo – Oggi, 13 marzo, è previsto un vertice tra i pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, con l’aggiunta Tiziana Siciliano e il procuratore capo Marcello Viola. Per ora ad essere indagati sono il carabiniere alla guida dell’auto nell’incidente, accusato di omicidio stradale, e lo stesso Fares Bouzidi, già a giudizio per resistenza a pubblico ufficiale e che rischia un ulteriore processo per omicidio stradale. A questo si aggiunge un altro fascicolo, quello per depistaggio e favoreggiamento a carico dei miliari che intimarono di cancellare il video del testimone. A seguito della perizia dell’ingegnere, sviluppata dal punto di vista del carabiniere alla guida – nella quale si definisce la guida di Fares come «spregiudicata» – potrebbe avvicinarsi la richiesta di archiviazione per il conducente della gazzella.
Di contro, interrogato dal gip per l’accusa di resistenza, Bouzidi aveva parlato di un «urto», di una «spinta da dietro» da parte dei carabinieri negli ultimi istanti: i suoi legali hanno infatti avanzato, viceversa, l’ipotesi di uno speronamento volontario. L’avvocata Barbara Indovina, che segue la famiglia di Ramy, ha fatto sapere che presto presenterà una contro-consulenza fatta coi propri esperti, che racconterà un’altra versione dei fatti. In passato, Indovina aveva chiesto più volte di sequestrare e analizzare il palo dell’incidente che però, da quanto risulta, dopo l’impatto sarebbe stato portato via e smaltito dall’azienda milanese dei rifiuti.
Yehia Elgaml, il padre del diciannovenne, ha dichiarato: «È doloroso, ma la verità è necessaria affinché la sua anima possa riposare».