«Voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia». Era cominciato così il racconto del “pentito” jihadista Arb Ben Said che due anni fa, arrestato a Genova per droga, aveva deciso di collaborare con i magistrati, svelando la connessione tra immigrazione clandestina e minaccia terroristica sulla rotta Tunisi-Sicilia. Nomi e numeri telefonici forniti agli inquirenti che, unite alle indagini della Procura di Palermo, hanno portato la notte del 9 gennaio, a otto provvedimenti di fermo tra la provincia di Palermo e di Trapani. Secondo i pm Gery Ferrara e Claudia Ferrari della Direzione distrettuale antimafia, i fermati, (cinque tunisini, un marocchino e due siciliani) rappresentano «un’attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale».

La rotta della jiahd – Non si tratta di barconi né di navi Ong. Gli attivisti della propaganda della sharia arrivano con potenti gommoni da 250 cavalli in grado di affrontare la traversata in meno di quattro ore. Approdano in gran segreto sulle spiagge tra Marsala e Mazara del Vallo trasportando sigarette e uomini. Jihadisti, a detta del testimone Ben Said. Le indagini dei Ros confermano. Cinquemila dinari tunisini il prezzo del passaggio in Sicilia per i clandestini normali, 10 mila chiesti a jihadisti, pregiudicati o ricercati in Tunisia per reati vari. tra cui quello di terrorismo. «Il mio amico – ha testimoniato Said parlando di un connazionale ricercato nel suo paese per aver sparato al personale della guardia costiera tunisina – si occupa di organizzare tre o quattro gommoni che fanno la spola tra l’Italia e la Tunisia. Ha aiutato diversi terroristi a espatriare verso l’Italia e per questo motivo ritengo che sia egli stesso un terrorista».

I social network – L’allerta è alta anche per le sette persone ancora ricercate. Tra queste il capo dell’organizzazione criminale, latitante e accusato di propaganda jihadista su Facebook. Le ricerche, svolte anche tramite il monitoraggio di alcuni profili social, hanno portato alla scoperta di una modalità di istigazione al terrorismo attraverso “mujaheddin virtuali” che, come affermato dagli inquirenti, «si adoperano attraverso i social network per la diffusione e condivisione di materiale video e fotografico volti al proselitismo e alla promozione dello Stato islamico». Al profilo di Khaled Ounich, uno dei tunisini ricercati, corrispondono decine di immagini di combattenti islamici, inviti a combattere Israele, frasi come «ogni Stato ha il suo turismo e il mio turismo è la jihad in nome di Dio».

Le intercettazioni – L’organizzazione criminale scoperta dalla Dda di Palermo si è dimostrata capace nel tempo di rigenerarsi nella struttura logistica attraverso l’acquisizione di nuovi recapiti cellulari intestati a terzi. Non solo. Le risorse economiche ingenti «venivano in parte occultate in proprietà immobiliari e in altra parte depositate in banche tunisine su conti fittiziamente intestati a soggetti residenti in Tunisia. Circostanza questa che grazie alle intercettazioni svolte avrebbe attirato l’attenzione anche del Battaglione Anti-Terrorismo Tunisino. Il Ministro degli Interni Salvini, reduce dallo scontro con il presidente Conte riguardo ai 49 migranti rimasti in mare per 19 giorni, ha commentato la notizia su Twitter: «Altro che farne sbarcare altri o andarli a prendere con barconi o aerei … Scafisti e terroristi a casa!!!».