La provincia di Sofala in Mozambico, completamente sommersa
EPA/EMIDIO JOZINE

Per l’Organizzazione delle Nazioni Unite il ciclone Idai potrebbe essere il «peggiore disastro climatico dell’emisfero australe». Dopo il suo passaggio le piogge non sono ancora terminate e si contano almeno 360 morti tra Mozambico, Zimbabwe e Malawi. Ma è un bilancio ancora provvisorio e le vittime potrebbero essere oltre 1000.

Mozambico – Il presidente del Mozambico, Filipe Nyusi, ha dichiarato lo stato di emergenza. Nel Paese si contano più di 200 morti, a cui si aggiungono circa 15mila sfollati ancora in attesa di ricevere soccorso. Il ministro dell’ambiente Celso Correia ha dichiarato che sono state salvate 3mila persone dalle zone allagate. La già complicata situazione è resa ancora più delicata dalle difficoltà con cui le agenzie delle Nazioni Unite e le ong sul posto si stanno muovendo per fornire assistenza sanitaria e dal fatto che l’allagamento e il ristagno delle acque potrebbero scatenare un’epidemia di colera. Per il Paese potrebbe essere il peggior disastro degli ultimi 20 anni da quando il ciclone Leon-Eline uccise più di 700 persone.

Zimbabwe e Malawi –  In Zimbabwe si contano 100 vittime e centinaia di dispersi nella regione di Manicaland. Il presidente, Emmerson Mnangagwa, si è recato in visita alle comunità più colpite al confine con il Mozambico e, dopo aver assicurato che gli elicotteri porteranno aiuti ai villaggi rimasti isolati, ha dichiarato: «Non vogliamo sentire che qualcuno muore di fame», anche se le condizioni meteorologiche dopo il passaggio del ciclone rendono comunque difficili gli interventi. Per il direttore del Comitato di Salvataggio Internazionale (Icr) nello Zimbabwe, Paolo Cernuschi, «nonostante l’aiuto immediato per salvare vite è la necessità più impellente, l’impatto del ciclone sarà profondo nei prossimi mesi». In Malawi i morti confermati sono 56 e oltre 1100 famiglie risultano colpite dal ciclone. L’esercito malawiano sta collaborando con la ong sudafricana Gift of the Givers per aiutarle.

Gli aiuti – Mercoledì 20 marzo il Fondo centrale di risposta alle emergenze (Cerf) dell’Onu ha stanziato 20 milioni di dollari in aiuti alle vittime del disastro. Il Programma alimentare mondiale (Wfp) disponeva di un magazzino a Beira rimasto gravemente danneggiato, ma è riuscito a distribuire alcune delle scorte rimaste intatte, sul posto e nella città di Dondo, più a nord. La ong Helpcode, presente in Mozambico da 30 anni, ha evidenziato le criticità dell’emergenza: «Diversi reparti dell’ospedale di Beira sono inagibili e la maggior parte dei centri sanitari non è in grado di far fronte all’emergenza. A queste criticità si aggiunga anche la scarsità del cibo, con i magazzini delle riserve alimentari e le sementi per le coltivazioni andati completamente distrutti».