Dal ponte sullo stretto di Messina ai nuovi cantieri dell’alta velocità. Dal viadotto di Albiano Magra (Aulla) crollato a inizio aprile a brevi tratti di strade provinciali, nuovi stadi e aeroporti. Con la ripartenza del sistema economico dopo due mesi di lockdown, sindaci, amministratori, imprenditori e parte della maggioranza – soprattutto Italia Viva – da settimane non fanno altro che parlare di «modello Genova» da utilizzare per un nuovo piano di infrastrutture in grado di far ripartire l’occupazione e rimettere in moto l’economia. Con «modello Genova» si intende la procedura rapida utilizzata per la ricostruzione del ponte Morandi, crollato a Genova il 14 agosto 2018 provocando 43 vittime, che sarà inaugurato a luglio prossimo dopo il termine dei lavori. Appena due anni dopo. Il «modello Genova» però non convince tutti – per esempio il segretario del Pd, Nicola Zingaretti – perché prevede la deroga da alcune normative esistenti, motivata dall’emergenza.

In cosa consiste  – Premessa: il nuovo viadotto genovese lungo 1,2 chilometri è stato progettato dall’architetto genovese Renzo Piano e la costruzione è stata affidata al consorzio Fincantieri-Salini-Italferr. Questo metodo si basa essenzialmente su due pilastri: la deroga dal Codice degli Appalti del 2016, approvato dal governo di Matteo Renzi, con l’obiettivo di ridurre al minimo la burocrazia e velocizzare la progettazione facendo riferimento solo al Codice europeo; e la nomina di un super commissario responsabile dei lavori. Per quanto riguarda il primo aspetto, la deroga dal Codice degli Appalti è stata possibile grazie al decreto legge 109 del 2018: il nuovo ponte è stato escluso da qualsiasi procedura nazionale per la progettazione, costruzione e manutenzione delle opere e delle infrastrutture. Tra queste c’è anche l’esclusione dai vincoli e dal controllo di Anac – l’Autorità Nazionale Anticorruzione – che spesso allunga i tempi nella concessione dell’appalto.
Per velocizzare la costruzione del nuovo ponte Morandi, però, è stato nominato – come già successo nel 2014 a Milano per l’Expo o nel 2016 dopo il terremoto del centro-Italia – un commissario che aveva la responsabilità della procedura di appalto. In questo caso il commissario è stato il sindaco di Genova Marco Bucci. Quest’ultimo ha potuto operare in deroga al codice degli appalti, ma anche alle norme extra-penali, potendo affidare i lavori senza gara e ottenendo le autorizzazioni in tempi rapidi. Tutto questo grazie al denaro, circa 200 milioni di euro, versato da Autostrade.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al termine dei lavori del nuovo ponte Morandi (Fonte: Palazzo Chigi)

I favorevoli – Coloro che da settimane invocano il «modello Genova» sperano che il prossimo decreto Semplificazione si trasformi in una sorta di nuovo «sblocca-cantieri», il decreto legislativo del 2016 approvato dal governo Renzi che aveva l’obiettivo di far ripartire molte opere pubbliche in tutta la penisola. Italia Viva ha presentato in autunno un “piano Shock” per sbloccare infrastrutture per 120 miliardi, un progetto simile rispetto a quello illustrato al governo dal viceministro del M5S Giancarlo Cancelleri che prevede investimenti per un totale di 109 miliardi. Le posizioni di Iv e M5S però sono un po’ diverse: l’idea del partito di Matteo Renzi, della Lega e di molti imprenditori, è quello di replicare esattamente il sistema normativo di Genova per tutte le prossime opere pubbliche, mentre M5S e Pd sono più cauti. I favorevoli pensano che la fase post-coronavirus potrebbe essere paragonata all’emergenza successiva alla caduta del ponte Morandi e soprattutto che le opere non possano essere bloccate dalla cosiddetta «cultura del sospetto», ovvero la paura che la deroga alle regole degli appalti e al controllo tecnico-amministrativo possa favorire i casi di corruzione.

I contrari – M5S e Pd invece sono favorevoli alla sburocratizzazione ma difficilmente concederanno la possibilità di applicare il «modello Genova» a tutte le prossime opere pubbliche: sarebbe troppo drastico derogare totalmente dal Codice degli Appalti e soprattutto affidare i lavori con procedure dirette senza passare da gare pubbliche che richiedono dei fisiologici tempi tecnici. Non solo: dare tutti i poteri ai commissari rischia di concentrare le decisioni nelle mani di pochi che a loro volta devono gestire miliardi di denaro pubblico. Infine, come ha sottolineato anche il segretario Pd Nicola Zingaretti, il rischio è che di una procedura così “deregolamentata” possano approfittarsi le organizzazioni criminali, come spesso è avvenuto nel nostro Paese. Ancora una volta sarà il premier Giuseppe Conte a dover trovare una mediazione.