«Lasciatemi ringraziare questo nostro meraviglioso Nordest e questa città che ci ha accolti tutti». Così don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ha salutato i 50mila manifestanti che si sono riuniti a Padova il 21 marzo per la XXIV Giornata della memoria e dell’impegno. La manifestazione nazionale in memoria delle vittime innocenti delle mafie si è tenuta quest’anno nel cuore del Triveneto, lì dove la presenza della criminalità organizzata viene ancora troppo spesso negata. Culmine dell’evento il tradizionale discorso di don Ciotti e le parole del presidente della Repubblica, lette dal prefetto di Padova Renato Franceschelli.

21 marzo a Padova – La giornata si è aperta alle 9 di mattina, con il corteo partito a pochi passi dalla Cappella degli Scrovegni. «Siamo 50 mila qui a Padova», hanno dichiarato gli organizzatori di Libera e Avviso Pubblico. La sfilata ha raccolto le adesioni delle principali sigle sindacali – Cgil, Cisl, Uil –, la Coldiretti e alcune organizzazioni studentesche, come Udu – Unione degli universitari, Link e Rete degli studenti medi. I manifestanti hanno percorso le vie del cuore cittadino, da via Trieste fino a Prato della Valle. Proprio di fronte alla basilica di Sant’Antonio sono state riportate dal prefetto Franceschelli le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha ricordato come «la memoria sia una spinta all’impegno per costruire una cultura della legalità e per trasmettere ai giovani i valori di solidarietà, non violenza, rispetto della persona e dei suoi diritti inviolabili». Infine, si è celebrato il momento nevralgico della giornata: la lettura dei 1.011 nomi delle vittime innocenti delle mafie, scanditi da diverse voci, tra cui Nando dalla Chiesa e Maurizio Landini.

Le parole di don Ciotti – A concludere il momento di raccolta, l’intervento appassionato di don Ciotti. «Sono morti, ma in realtà per noi sono ancora vivi, perché i loro sogni, le loro speranze devono camminare sulle nostre gambe», ha detto il parroco, ricordando il sacrificio delle persone citate poco prima: «Da 163 anni parliamo di mafia. Non è possibile in un Paese civile. Ma non è altrettanto possibile che l’80 per cento dei familiari delle vittime non conosca la verità o solo in parte». Don Ciotti ha poi dato spazio agli italiani scomparsi all’estero dei quali non si sa ancora nulla, padre Paolo Dall’Oglio e Silvia Romano, e alla necessità di far luce sulle morti di Giulio Regeni e Ilaria Alpi: «Dobbiamo conoscere la verità, perché solo così si costruisce la giustizia». Nel corso del suo intervento, si è schierato dalla parte dei migranti, nemici stigmatizzati dall’odio politico – ricordando i recenti avvenimenti della nave Mare Jonio –, delle donne che si stanno ribellando al sistema mafioso, di Roberto Saviano (sulla notizia del suo prossimo processo), e dei minorenni che svolgono un percorso di reintegrazione in carcere e che oggi erano presenti al corteo.

La giornata dei giovani – Protagonisti assoluti della giornata, gli studenti universitari e delle scuole superiori. «Ci dà forza e speranza il fatto che ad assumersi questa responsabilità siano soprattutto i giovani», ha detto don Ciotti nel suo discorso, ricordando il loro compito di conservare la memoria delle vittime e di fermare una volta per tutte il sistema dell’omertà e dell’indifferenza. Proprio i ragazzi hanno animato la manifestazione con musica e balli: accompagnati dalle note de I cento passi dei Modena City Ramblers, la canzone dedicata a Peppino Impastato, hanno tenuto le redini di un corteo gioioso, che ha risposto con grinta e senza paura all’infiltrazione mafiosa nella società. «Se siamo qui è perché crediamo che il cambiamento sia possibile», ha ricordato don Ciotti, prima di concludere: «Noi ci siamo, per promuovere la più urgente delle riforme: quella delle coscienze».