La mafia fa affari anche con il caffè. Questo avrebbe scoperto l’operazione della Guardia di Finanza scattata questa mattina tra Palermo e Milano, che ha portato all’arresto di sei persone e al sequestro di due società dal valore di un 1,5 milioni di euro, usate per riciclare denaro. L’indagine è partita dopo che due collaboratori di giustizia avevano descritto le attività criminali della famiglia Fontana, attiva nella zona di Acquasanta Arenella, nel capoluogo siciliano.

La famiglia Fontana – In manette sono finiti Rita Fontana, 30 anni e il fratello Giovanni, figli del defunto boss Stefano. Con loro anche l’imprenditore Gaetano Pensavecchia, titolare di Cafè Moka special, una delle due aziende sequestrate. Il titolare sarebbe stato a conoscenza delle operazioni illecite. A provarlo alcune intercettazioni: “Ogni zona ha il suo parrino”, diceva al telefono. Nella sua azienda Giovanni Fontana avrebbe investito una somma fra i 150 e i 300 mila euro, a partire dal 2014. Lo riporta Il Giornale di Sicilia. Gli altri arrestati sono Filippo Lo Bianco, di 54 anni, Michele Ferrante, di 36, e Domenico Passarello, di 43.

Da Palermo a Milano – Alcuni vertici del clan, già arrestati e rilasciati, si sono stabilizzati a Milano: gli investimenti illeciti sarebbero passati proprio da qui, in stretto collegamento con il capoluogo siciliano. La stessa Rita Fontana abitava a Rozzano, dove questa mattina è stata arrestata. Come lei abitava nel milanese anche il fratello Giovanni. Ufficialmente lavoravano nello studio di un commercialista. Per smuovere le indagini è stata decisiva la testimonianza di due collaboratori di giustizia, Vito Galatolo e Silvio Guerrera, che hanno descritto le attività di riciclaggio e reimpiego praticate dalla famiglia mafiosa dell’Acquasanta–Arenella.

Affari illeciti – Nel corso degli anni la famiglia Fontana ha avuto un ruolo di primo piano all’interno di Cosa Nostra a Palermo, collaborando con altri personaggi mafiosi del territorio, fra cui i Madonia di Resuttana e Salvatore Biondo di San Lorenzo. Secondo l’accusa si occupavano di estorsioni, traffico di stupefacenti e del controllo dei subappalti ai Cantieri Navali di Palermo. I soldi così ottenuti sarebbero stati investiti direttamente nel settore del caffè, a partire del 2014: secondo La Repubblica le due società messe sotto sequestro –  Cafè Moka special e Masai caffè srl – varrebbero un milione e mezzo di euro. Un giro che nelle intenzioni dei Fontana era destinato a espandersi, dato che il business della caffè ultimamente è molto gettonato dalle cosche mafiose: solo pochi giorni fa il prefetto di Palermo Antonella De Miro ha fatto scattare un’interdittiva antimafia per quattro società attive nel settore.