Due coltellate al fegato e un colpo in testa. Così è stata uccisa nel pomeriggio del 30 gennaio Pamela Mastropietro, la 18enne romana che il giorno prima si era allontanata dalla comunità di recupero di Corridonia, in provincia di Macerata. Il suo corpo era stato ritrovato a pezzi in due trolley, ripulito da ogni traccia di sangue e abbandonato lungo la strada che porta a Pollenza. Il referto del medico legale non lascia dubbi: è stato un gruppo di persone a commettere il delitto. Per tre i fermati, Innocent Oseghale, Desmond Lucky e Lucky Awelima, si attende la convalida dell’arresto e nel frattempo spunta un quarto indagato.

Gli uomini del Ris al lavoro nell’appartamento di via Spalato, dov’è stato ritrovato il corpo di Pamela

Il referto – Il medico legale Mariano Cingolani, che ha eseguito l’esame istologico, ha confermato quello che già si era ipotizzato durante la seconda autopsia sul corpo di Pamela: la ragazza era ancora viva prima di ricevere le due coltellate e il colpo in testa. Esclusa quindi definitivamente l’ipotesi di overdose,  ma bisogna comunque aspettare i risultati dei test tossicologici per capire se la 18enne avesse assunto droga quel pomeriggio. Non servono conferme invece per la scena da film dell’orrore che si sono trovati davanti gli uomini del Ris di Roma entrando nell’appartamento di via Spalato a Macerata. Frammenti di brandelli di pelle sul terrazzo e sangue nella lavatrice e su alcuni sacchetti di plastica presenti nella casa. Sul corpo manca infatti tutta la pelle del collo, mentre le tracce di sangue potrebbero essere dovute al tentativo degli assassini di ripulire i propri vestiti e gli stracci sporchi. Anche gli organi genitali della ragazza sono stati completamente fatti a pezzi. Da qui l’ipotesi che si volessero nascondere eventuali violenze sessuali, ma è ancora tutto da confermare. Una possibilità che è comunque avvalorata dal ritrovamento di tracce biologiche, fra cui liquido seminale, nelle stanze dell’appartamento.

 

Il quarto indagato – Tre spacciatori nigeriani sono già stati fermati e attendono l’udienza di convalida dell’arresto. Si tratta di Innocent Oseghale, 29 anni, Desmond Lucky, 22 e Lucky Awelima 27. Le accuse per loro sono di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere. Ma ora la procura di Macerata sta prendendo in considerazione un quarto uomo. È un 39enne che ha avuto contatti telefonici con Oseghale, l’ex rifugiato che viveva nell’appartamento di via Spalato, proprio quel pomeriggio del 30 gennaio. Gli inquirenti escludono però un suo diretto coinvolgimento: sarebbe indagato proprio per confermare la sua innocenza e starebbe inoltre fornendo «dichiarazioni significative a conforto della tesi accusatoria», ha detto il procuratore Giovanni Giorgio in conferenza stampa. Contro di lui non esistono prove concrete. L’esame delle celle telefoniche ha rivelato che i tre fermati si trovavano in casa di Oseghale fra le 12 e le 19 del giorno in cui è avvenuto l’omicidio, mentre il telefono del quarto indagato non aggancia mai quella cella. I Ris lo hanno comunque sottoposto come gli altri all’esame plantare e palmare. Nel frattempo proseguono le analisi sui coltelli e la mannaia trovati nella cucina di via Spalato.

Foto dal profilo Facebook di Pamela Mastropietro

La pista dei rituali macabri – «Molte cose non tornano in questa vicenda – ha detto l’avvocato di Desmond Lucky, Gianfranco Borgani, a Il Messaggero – la dissezione è stata fatta da una persona esperta e la pulizia della casa e del corpo è molto accurata, perché allora lasciare in vista i trolley? Forse qualcuno doveva portarli via. Forse siamo di fronte a una sorta di rito». E dietro ci sarebbe una persona pericolosa, per questo nessuno dei fermati ha fatto il suo nome. Il quotidiano argomenta questa tesi segnalando che sono molti i saggi, le ricerche e le indagini giornalistiche fatte in Nigeria che descrivono rapimenti e delitti per smembrare e vendere parti del corpo come arti o organi. «Nelle convinzioni comuni tali azioni accrescerebbero la “forza” e il “potere”», si legge nell’articolo. E si aggiunge che nel Paese africano è pratica comune vegliare sul defunto proprio per evitare che il cadavere venga deturpato per ricavarne dei talismani. La procura di Macerata ha definito la tesi «suggestiva» ma fa sapere che non esistono conferme.

Cosa si aspetta ora – Per il 13 febbraio sono previsti prelievi sull’auto del tassista che per primo ha denunciato Oseghale. È sul quel taxi che il nigeriano era salito con i due trolley contenenti i resti di Pamela. E sempre con quell’auto aveva raggiunto Casette Verdini, vicino a Pollenza, e aveva abbandonato le valigie sul ciglio della strada. Ma l’autista conosceva Oseghale e dopo il ritrovamento si era subito presentato alle forze dell’ordine per denunciarlo. Nel pomeriggio del 13 verranno inoltre interrogati Desmond Lucky e Lucky Awelima.