Si torna a parlare di Ponte Morandi. Ma questa volta non del viadotto Polcevera, crollato a Genova nell’agosto del 2018 causando la morte di 43 persone. La notizia è quella del sequestro del viadotto Bisantis, meglio conosciuto come Ponte Morandi di Catanzaro, un’altra infrastruttura progettata dal famoso ingegnere, che ha costruito decine di ponti in Italia tra gli anni ’60 e ’80.

L’indagine – Sono quattro le persone arrestate, tre in carcere e una ai domiciliari, nell’ambito dell’operazione “Brooklyn”, condotta dalla Guardia di finanza di Catanzaro. L’indagine riguardava i lavori di manutenzione del ponte e di un tratto della statale 280, anche detta “dei due mari”, e ha portato al sequestro probatorio – con facoltà d’uso – del viadotto e della galleria Sansinato. Gli indagati avrebbero impiegato nelle lavorazioni di manutenzione un tipo di malta di qualità scadente, ma più economico di quello inizialmente utilizzato.

Il nome dell’ingegnere – Anche se questa volta la notizia non riguarda dissesti o crolli, il nome dell’ingegnere Riccardo Morandi non può non rimandare alla tragedia che ha fermato il Paese nell’estate di tre anni fa. Come quella volta, il rischio è quello di associare il famoso strutturista – che ha costruito anche diverse infrastrutture all’estero, dal Venezuela al Sud Africa – alle vicende, più o meno drammatiche, che oggi tornano a far parlare dei suoi lavori.

I “ponti Morandi” – Sono 34 le opere di Morandi realizzate in Italia tra gli anni ’60 e gli anni ’80. I suoi ponti hanno contribuito a collegare il Paese in lungo e in largo: in Calabria, Sicilia, Lazio, Toscana, Basilicata, Campania, Abruzzo, Puglia e Piemonte. Ma, strutturalmente, non c’è nulla che possa definire i “ponti Morandi” rispetto a viadotti costruiti in Italia in quegli stessi anni. I dissesti che hanno interessato recentemente queste strutture hanno origini comuni ai problemi verificatisi in altre infrastrutture costruite in quel periodo, tra i più vivaci – complice la grande ricostruzione del secondo dopoguerra – in termini di edilizia di grandi infrastrutture, che l’Italia abbia mai conosciuto.

La parola dell’esperto –  «Tutti i ponti in calcestruzzo costruiti in Italia negli anni ’60 e ’70 – spiega Vincenzo Nunziata, ingegnere strutturista e civile, autore di ricerche sul cemento armato e l’acciaio – e non solo quelli di Morandi, presentano oggi le stesse problematiche. La questione riguarda soprattutto le infrastrutture in cemento armato precompresso: si tratta di una particolare tecnologia di costruzione diffusasi in quegli ma utilizzata ancora oggi nelle grandi opere. Morandi ne fu precursore tanto da impiegarlo in tutti i suoi ponti “a travate” – ovvero quelli con una struttura travi orizzontali -, tranne quindi nei restanti dieci “ad archi”».

Il deterioramento delle strutture – «Se non si interviene con adeguate opere di manutenzione, è chiaro – continua Nunziata – che si va incontro a processi di logoramento del tutto naturali. Non a caso, la causa più diffusa dei dissesti a cui stiamo assistendo in questi anni è la ruggine dei ferri che compongono le infrastrutture, un fenomeno per l’appunto inevitabile. I ponti di Morandi non avevano quindi nessuna anomalia dal punto di vista della progettazione, di calcolo e esecuzione. Un’altra questione riguarda infatti la differenza di carichi a cui sono sottoposte le infrastrutture, oggi nettamente superiori a quelli previsti ai tempi della progettazione. Colpa di Morandi? Assolutamente no, ma dei mancati interventi di miglioramento e manutenzione che lo scorrere del tempo renderebbe necessari per qualsiasi infrastruttura esistente».