«Adesso sarete contenti». È la frase sulla bocca di tutti. La studentessa 12enne di Pordenone che il 18 gennaio si è gettata dalla finestra della sua camera da letto l’ha scritta in una lettera che è stata trovata sulla scrivania. Era indirizzata ai suoi compagni di classe. Di lei non si sa molto, se non che il volo dal secondo piano, fortunatamente, non l’ha uccisa: è ricoverata nell’Unità Spinale dell’ospedale di Udine con una prognosi di 40 giorni. E poi si sa, o si pensa di sapere, il movente di quel tentato suicidio: la ragazza, poco più che una bambina, era vittima di bullismo. Lo avrebbe confermato anche ai suoi soccorritori.

Il bullismo colpisce il 16,9 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni. Sempre più spesso avviene anche tramite la rete

Il bullismo colpisce il 16,9 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni. Sempre più spesso avviene anche tramite la rete

In assenza di un nome con cui chiamarla, la stampa si è dovuta accontentare di un generico “ragazzina di Pordenone”. Figlia unica, frequentava la scuola media Centro Storico nella stessa città. Non ci andava da una settimana: era ammalata. Probabilmente pensava al suicidio da molto tempo: la lettera destinata ai compagni, di cui finora è stato reso noto solo quel «sarete contenti», è della settimana scorsa. Lo stesso vale per la seconda lettera, quella indirizzata a mamma e papà: «Scusatemi», ha scritto la “ragazzina di Pordenone”. Sono stati proprio i genitori a scoprire che la figlia aveva cercato di togliersi la vita. Quella mattina sono entrati nella sua stanza per farle l’aerosol. La finestra era aperta, e lei era a terra, due piani più in giù. Un vicino stava già accorrendo per soccorrerla, lei era cosciente: la tapparella dell’appartamento al piano inferiore ha attutito la sua caduta. Non si sa altro. Ma bisogna vederci chiaro, e al più presto.

Lo sa bene la dirigente scolastica della scuola, interpellata in queste ore da decine di giornali. Se di bullismo si è trattato, sostiene, era nascosto: «Ai professori ho sempre chiesto di informarmi delle situazioni più a rischio. Nessuno me ne ha mai parlato. Ho già avuto un primo colloquio con i suoi professori, ora aprirò un’indagine interna». Le forze dell’ordine hanno sequestrato il cellulare della ragazza e stanno setacciando la sua vita online: usava Whatsapp, forse anche dei social network. Quel bullismo che i suoi insegnanti non sembrano aver visto o percepito forse si annidava lì, nelle chat, nei gruppi privati. Dei suoi compagni, per ora, non si sa niente. Appena le condizioni della dodicenne lo consentiranno, la Procura ascolterà quello che ha da dire, a porte chiuse. Solo allora, e se verranno fatti dei nomi, verranno sentiti i suoi compagni.

L’intera vicenda ha ancora contorni piuttosto imprecisi che solo l’inchiesta potrà chiarire. Ma quel poco che si sa è sufficiente per riaccendere il dibattito sul bullismo e sulla sua versione virtuale, il cosiddetto “cyberbullismo”. Secondo l’Istat nel 2014 il 16,7 per cento dei giovani tra gli 11 e i 17 anni ne è stato vittima. E la violenza, fisica o psicologica, sembra molto comune nella vita dei ragazzi: l’istituto nazionale di statistica segnala che il 63,3 per cento di loro ha assistito a vessazioni, soprusi, scherzi di cattivo gusto o vere e proprie persecuzioni. Poche ore dopo il lancio della notizia da parte delle agenzie di stampa, il Presidente del Senato Pietro Grasso ha scritto un post su Facebook per invitare a «riflettere» sulla vicenda. E non solo:

Grasso-Pordenone

Per la seconda carica dello Stato la parola chiave è prevenzione. Ma non basta. È urgente dotarsi al più presto di strumenti legislativi capaci di affrontare il problema. Grasso cita il disegno di legge per la prevenzione e la repressione del bullismo, fermo alla Camera dopo essere stato approvato dal Senato nel maggio del 2015. La prima firmataria del testo, la senatrice Pd Elena Ferrara, è un’insegnante delle scuole medie. Lo scorso anno ha dichiarato ai nostri microfoni: «Ho visto cosa può fare il cyberbullismo: una delle mie alunne si è suicidata, non posso dimenticarlo. La verità è che è anche peggio del bullismo tout court perché è più invasivo: ti segue ovunque tu vada, anche se cambi scuola, tutti i giorni e per tutto il giorno».

Chiara Severgnini