«Negli ultimi incontri aveva detto agli amici di non dimenticarsi la cintura. Quella l’aveva fregato. Era gioioso e instancabile. Amava la musica ed era stato così bravo da riuscire, tra l’Italia e l’India, a farne un lavoro», descrive così il compagno Valeria Imbrognio. Lei che è stata per dieci anni al suo fianco ora deve raccontare ai giudici della corte d’Assise di Milano e alla pm Tiziana Siciliano chi era Fabiano Antoniani, Dj Fabo. E come è iniziata la sua agonia. Lì, in quel tratto di strada che da Milano porta a Ispra, sul lago di Como.

L’incidente – «Quella sera era stanco, l’avevamo notato sia io che sua madre. Doveva suonare a Milano, alla festa di compleanno di un amico». Era il 12 giugno 2014 e Valeria Imbrogno inizia così a raccontare la sera dell’incidente che ha cambiato per sempre la loro vita. La sua, ma soprattutto quella del suo uomo. «Aveva finito tardi ed era esausto perché durante il giorno aveva lavorato alla piscina e al giardino della casa al lago, a Ispra. Ci voleva tornare dopo aver suonato al locale, io ho insistito per farlo rimanere a Milano ma lui era così. Se decideva una cosa era impossibile fargli cambiare idea. Alle due mi chiama lo saluto e vado a letto». Quando chiude la chiamata però Fabo fa cadere il telefono nuovo e, mentre si abbassa per raccoglierlo, esce di strada e sbatte contro un veicolo fermo in sosta. Viene sbalzato fuori dall’abitacolo, non aveva la cintura allacciata. «La mattina ho ricevuto la chiamata confusa di Carmen (madre di Dj Fabo, ndr) che mi diceva di un incidente».

Prognosi dura – Valeria arriva di corsa al San Raffaele, dove era stato portato il compagno, e attende con la madre che i medici dicano le condizioni di Fabiano. La prognosi è dura: contusione midollare alle vertebre C3 eC4. Fabiano sarebbe stato tetraplegico. Non si sarebbe più potuto muovere né avrebbe più potuto cavalcare la sua moto da cross. Fabo si risveglia e la famiglia è lì, pronta a sostenerlo. Dopo alcuni giorni però, Valeria gli avvicina uno specchio e nota che lui non riesce a vedersi. Un esame conferma quello che fino a quel momento era solo un dubbio: cecità corticale bilaterale. È probabile che non tornerà mai più a vedere. «Avrebbe superato la tetraplegia. Ma sia io che sua mamma sapevamo che non avrebbe potuto sopportare la cecità», continua a ricordare Valeria in aula.

Valeria Imbrogno, compagna di Fabiano Antoniani, durante la deposizione in aula

Le cure – Così oltre alla riabilitazione, iniziano le cure per il Dj, mentre la compagna, ormai diventata una sua protesi, inizia le ricerche per trovare cure che gli permettano di tornare a vedere. «Nonostante la situazione fosse grave era pieno di vita. Faceva fisioterapia ed era il primo a chiedermi di cercare cure per aiutarlo», continua a ricordare Valeria. Nel frattempo Fabo passa da una clinica all’altra: da Milano al Maugeri di Pavia, poi al Niguarda e dopo ancora all’istituto Palazzolo. «Volevamo liberarlo dalla tracheotomia ma non è stato possibile. I polmoni funzionavano ma non erano totalmente indipendenti e poi è arrivata la sepsi, una setticemia che l’ha debilitato. È stato quindi ricoverato in terapia intensiva al San Giuseppe e poi ancora al Niguarda».

L’india – Un calvario, quello della coppia, che è solo agli inizi. Ma non si lascia spaventare. Valeria continua a cercare e scopre che in India praticano una terapia a base di cellule staminali non riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale. «Lui amava l’India, lì avevamo passato sei anni insieme, lavorando. La scelta, tra cui c’erano anche Russia, Cina e Stati Uniti, è stata automatica. Così, tra le varie difficoltà siamo partiti. Lo lavavo e lo aspiravo io, ma solo in quel periodo», ricorda «la dignità era la cosa per lui più importante». La terapia inizia e Fabo è in grado di stringerle varie volte la mano. Inizia così a crescere la speranza di un ritorno alla normalità. O quasi. «Al ritorno in Italia già l’effetto sta già svanendo e in pochi giorni la mano era tornata immobile come prima. I medici ci hanno detto che la risposta è soggettiva, non si può prevedere». Una delusione. L’ennesima.

La decisione – Fabo inizia così a perdere la voglia di vivere. Se ne accorgono la madre e la compagna. «Aveva iniziato a saltare la fisioterapia, non era da lui. Lì abbiamo capito. Era la conferma che non avrebbe potuto vivere così», si sforza di raccontare Valeria. «Ha voluto che iniziassi nuove ricerche. Sapevo quello che voleva, me l’ha detto. Lui voleva morire». Ma sempre con dignità.