«Io non sono contro nessuno, rappresento lo Stato. E lo Stato è anche Marco Cappato». Esordisce così nei primi minuti della sua arringa il pubblico ministero Tiziana Siciliano, che ha chiesto l’assoluzione per l’esponente dei Radicali accusato di aver favorito il suicidio assistito di Fabiano Antoniani, Dj Fabo, paralizzato e reso cieco da un incidente e morto in una clinica svizzera lo scorso 27 febbraio 2017. Secondo la rappresentante dell’accusa, che ha pronunciato la sua arringa nell’ultima udienza nel processo in corso a Milano, l’imputato va assolto perché «il fatto non sussiste».
Il pubblico ministero Siciliano – Un processo che finirà il 14 febbraio con la sentenza e che ha visto percorrere tutte le tappe fondamentali dell’amicizia e del rapporto tra l’ex dj e il politico. Tappe che il pubblico ministero ha descritto con precisione e ha collegato citando articoli di trattati, costituzioni e ricordando spaccati di vita dei due uomini. «Sia la fidanzata che la madre di Fabiano Antoniani hanno più volte ribadito che non avrebbe mai potuto sopportare la cecità. Soprattutto dopo il viaggio in India che aveva dato speranze di guarigione poi disattese. Lo stesso Antoniani aveva più volte ribadito che quella non era vita, che voleva solo una cosa: morire. “Voglio andare, voglio andare e tu devi rispettarlo” aveva detto alla madre». Una scelta che avrebbe potuto cambiare in qualsiasi momento, ricorda la pm Siciliano con tono pacato, anche quando era già in Svizzera. «Fabiano era stato informato anche della possibilità italiana ma per lui sarebbe stata un’agonia per questo prese le decisione di andare in Svizzera. Una convinzione che è stata confermata dal certificato rilasciato dal Dott. Veneroni, medico di famiglia, e dalle valutazioni effettuate in Svizzera dal personale sanitario. Dj Fabo era nel pieno della propria consapevolezza ma non era depresso». La pm prosegue il primo racconto e si appella alla giuria: «Cappato non ha mai rafforzato i propositi suicidiari di Antoniani ma li ha solo rispettati. In fondo è nei diritti di un individuo scegliere liberamente e autodeterminarsi. L’autodeterminazione è una forma di libertà. Cos’è la libertà se non decidere anche del proprio corpo? È soggettiva, chi siamo noi per decidere». Ricorda l’articolo 580 del codice di procedura penale che tratta il tema del suicidio, ricorda la CEDU e come la Costituzione spesso sia troppo antiquata rispetto ai cambiamenti politici, sociali e personali. E conclude: «Per tutto questo, non posso che chiedere per l’imputato l’assoluzione». In aula non c’è gelo ma solidarietà e commozione.
La pm Arduini – La madre e la fidanzata di Dj Fabo, Carmen Carollo e Valeria Imbrogno, sono parte dell’arringa dell’altra pm, Sara Arduini, che aiuta a ricomporre la vita di Fabiano e cita due sentenze che si sono pronunciate su casi analoghi: «Se noi pensiamo che l’imputato sia colpevole di aiuto al suicidio, allora dovremmo farlo anche per la signora Imbrogno, che per prima aveva contatto la clinica e la signora Carollo, per aver pagato la clinica. Si può parlare di agevolazione nella decisione ma non di esecuzione dell’intento suicidiario». E conclude: «Antoniani stesso aveva ribadito che per lui la morte non era paura, ma vittoria. Si, per lui avrebbe significato vincere».