“Se mi dai il tuo pacchetto con almeno 5 sigarette io te ne regalo uno sigillato con 20 sigarette della mia marca”. Quante volte, fuori dai locali della movida cittadina, capita di ricevere questa proposta? Di solito a farla è una ragazza, di bella presenza, equipaggiata con un profondo borsone colmo di pacchetti da promuovere. Molti fumatori lo trovano solo un diversivo conveniente, ma se si riflette sul fenomeno viene da chiedersi: è legale? La pubblicità dei prodotti del tabacco, in Italia, non lo è.
L’abbiamo chiesto a Pietro Giordano, Presidente Nazionale di Adiconsum. “Se prima si chiedono la carta di identità e se il soggetto è un fumatore, allora è legale”, ha risposto. “I promoter sbagliano quando non chiedono ‘Lei fuma?’ prima di proporre lo scambio, così è incentivazione a fumare”, ed è qui che la pratica dello scambio di pacchetti sfocia nell’illegalità.
Il divieto della propaganda pubblicitaria dei sigarette e simili vige in Italia dal 1962. Nel 2004, anche il Parlamento europeo ha diffuso una direttiva per uniformare le leggi in materia dei diversi stati membri. Questa, all’articolo 5, ribadisce chiaramente che “chiunque effettua pubblicità a favore dei prodotti del tabacco – a mezzo stampa, radiofonica, come sponsor, e nei servizi della società dell’informazione – è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 2.582,25 a euro 25.822,80”.
Tuttavia, nel caso del baratto di pacchetti di sigarette per strada, non si tratta – a livello giuridico – di una vera e propria pubblicità. La pubblicità vietata è quella in televisione o sui cartelloni, quella che viene “subita” dal consumatore, che non potrebbe far altro che prenderne atto. Nel caso dei “promoter stradali” invece, il consumatore viene messo davanti a una scelta, cioè quella di accettare o rifiutare lo scambio. Ed è per questo che il baratto di sigarette rimane possibile. A patto che il promoter non dimentichi di chiedere carta d’identità e abitudini prima di proporre lo scambio.
Alessandro Minissi