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La parola fine sulla vicenda arriva dopo 17 anni. Giusto in tempo perché il reato non cada in prescrizione. La Cassazione di Roma ha chiuso il processo per abusi sessuali ai danni della ragazza peruviana che nel 2006, in seguito alle violenze, si tolse la vita a Torino. Tre anni e sei mesi al compagno della madre, anch’egli peruviano, che nel frattempo è però fuggito in patria per evitare l’arresto. Si conclude così una storia processuale tortuosa, scandita da rinvii e per anni rimasta nel cassetto della procura generale di Torino.

Le violenze – I fatti risalgono al 2000 quando la bambina dal Perù si trasferisce in Italia, raggiungendo la madre che aveva trovato lavoro nel capoluogo piemontese. In questo modo credeva di mettersi alle spalle un passato difficile e gli abusi che da quando aveva 5 anni subiva dal cugino. Ma stavolta è il compagno della madre, un uomo di 50 anni, a indirizzare attenzioni morbose alla bambina, allora appena 11enne. Comincia per la giovane un calvario lungo tre anni. Solo nel 2003 trova la forza di denunciare tutto. Ma le rivelazioni sono uno scandalo per la famiglia che la caccia di casa. Trova quindi rifugio in una comunità dove, però, inizia a soffrire di disturbi alimentari. Nel 2006 a 17 anni si toglie la vita, lanciandosi dalla finestra di un condominio alla periferia sud di Torino. Il suicidio avviene poco prima che il giudice emani la sentenza di condanna di primo grado a quattro anni e quattro mesi per l’imputato.

La sentenza definitiva – Intanto la causa va avanti tra rinvii e ritardi. Dopo dieci anni la condanna di primo grado viene ridotta in appello a tre anni e sei mesi, perché gran parte del periodo di abusi viene prescritto. Infine ieri, 8 marzo 2017, la causa viene discussa dai giudici della Cassazione. Una corsa contro il tempo, conclusasi allo scadere: ancora 20 giorni e sarebbe scattata la tagliola della prescrizione. Arriva la condanna: la Corte dichiara inammissibile il ricorso presentato dal legale dell’uomo, l’avvocato Domenica Peila, congelando così la sentenza di secondo grado. Tutto inutile, perché nel frattempo per evitare la pena l’uomo è fuggito in Perù, e per le autorità ottenerne l’estradizione potrebbe risultare difficile.