L’Italia rischia di rimanere senza camici bianchi: a dirlo è uno studio condotto da Anaao Assomed, pubblicato mercoledì 20 marzo. Secondo l’associazione, da qui al 2025 è previsto un brusco calo di circa 16.000 medici, numero che rischia di causare un “vuoto” in molti settori. Tra le branche con un deficit maggiore ci sono medicina d’urgenza, pediatria, anestesia, rianimazione e terapia intensiva.

Il problema delle pensioni – Tra le cause principali di questa carenza, lo studio individua anche l’introduzione della “Quota 100“, provvedimento previsto nella Legge di Bilancio 2019, che ha come obiettivo il superamento della cosiddetta “Legge Fornero”. Oltre alle circa 20.000 unità già previste per il pensionamento nel triennio 2019-2021, il nuovo decreto darebbe la possibilità ad altri 18.000 medici e specialistici di ritirarsi dal lavoro. Nonostante la previsione di Anaao sia limitata al 25% (solo 4.500 medici sui 18.000 aventi diritto andrebbero effettivamente in pensione), questo aumento rischierebbe di non concedere il tempo necessario per il trasferimento di conoscenze dai medici più anziani a quelli con meno esperienza sulle spalle.

Le regioni più a rischio – Quello della carenza di medici e specialisti è un problema che abbraccia tutta la penisola: tra le regioni con un deficit più alto troviamo la Lombardia, il Piemonte e la Sicilia. In Lombardia previsto un ammanco di 1921 medici, con carenze soprattutto nel settore pediatrico. Il fabbisogno reale della regione appare però più basso rispetto a quello dichiarato nello studio, ed è dovuto alla grande presenza sul territorio della sanità privata. Inoltre, rispetto al altre regioni italiane, appare poco propensa al finanziamento pubblico di posti aggiuntivi, con soli 53 contratti per anno. In Piemonte il saldo negativo si aggira intorno alle 2000 unità, e vede nella medicina d’urgenza in settore più a rischio. Il finanziamento regionale per la formazione specialistica elargisce soltanto 10 borse di studio annue, che vengono spalmate nelle branche più in sofferenza. La Sicilia è una delle realtà più a rischio con un deficit di 2251 medici previsti nel 2025. Qui le carenze riguardano ogni singolo settore sanitario, e la situazione è aggravata da un fabbisogno stimato superiore rispetto a quello dichiarato dalla regione stessa. Il finanziamento pubblico è attivo per 44 posti ogni anno, che vengono però distribuiti senza tener conto del fabbisogno nei settori specifici.

Il caso del Lazio – In uno scenario così drastico, il Lazio è l’unico esempio virtuoso che emerge dallo studio Anaao. La regione infatti non presenterà un deficit totale di specialisti al 2025, ma registrerà anzi un surplus di 905 unità. Tuttavia questa è una stima sul numero generale: anche in Lazio verrano registrati dei deficit in alcune branche specifiche, come medicina d’urgenza, patologia clinica e biochimica. Il fabbisogno dichiarato dalla regione risulta però molto minore rispetto a quello calcolato da Anaao (richiesti soltanto 345 contratti all’anno, quando ne servirebbero quasi il doppio), così come risulta errata la gestione dei contratti da parte del Miur. Nel Lazio infatti, il ministero per l’Università e la Ricerca finanzia così tanti contratti da creare disavanzi in settori come geriatria (127 unità in più del necessario), cardiologia (120), fisiatria (183) e neurologia (104), lasciando in grave deficit la branca della medicina d’urgenza (con una carenza prevista al 2025 di 544 unità).

Le possibili soluzioni – «Se sono veri i dati che nei prossimi 5 anni mancheranno migliaia medici di famiglia e circa 16.500 specialisti, ben venga allora l’impegno concreto della ministra alla Salute, Giulia Grillo, per sbloccare le assunzioni di medici». A dirlo è Pina Onotri, segretario generale dello Sindacato medici Italia (Smi), che aggiunge: «Per i medici di famiglia ci battiamo da tempo per l’estensione sul territorio nazionale delle strutture organizzate e per l’assistenza primaria come punto di riferimento per i cittadini». Altra ipotesi per risolvere il problema è quella dell’importazione dall’estero dei medici, così come spiegato da Alessandro Garau, segretario nazionale del sindacato Coas Medici dirigenti: «La carenza di medici specialisti è una vera emergenza nazionale cui si potrà far fronte probabilmente solo con l’importazione di medici da altri Paesi, o creando i presupposti per il rientro in Italia di chi negli anni è stato costretto ad emigrare».