Il ritrovamento dei resti di cadaveri mutilati a Firenze (Ansa)

Nella mattinata del 16 dicembre è stata ritrovata una quarta valigia contenente altre parti del corpo dei cadaveri mutilati rinvenuti a Firenze. A sei giorni dalla scoperta della prima valigia continuano dunque i ritrovamenti nel campo situato tra la superstrada per Livorno e il carcere di Sollicciano, quartiere della periferia ovest di Firenze. In giornata è arrivata anche la conferma dell’identificazione dell’uomo grazie all’esame dattiloscopico. Shpetim Pasho, 54enne di origine albanese scomparso assieme alla moglie a Castelfiorentino il 2 novembre 2015. Fondamentale il tatuaggio ritrovato sulla spalla del torso maschile: un’ancora corredata delle iniziali S. H. P. e della parola Vlore, che in italiano sta per Valona, capoluogo dell’omonimo distretto dell’Albania meridionale di cui era originario l’uomo. È quasi certo che l’altro cadavere femminile sia quello della moglie la 52enne Teuta Pasho, per la quale si attende solo la conferma dell’esame del Dna.

Gli interrogatori – Nella stessa giornata si sono svolti gli interrogatori dei parenti della famiglia Pasho, protrattisi fino a tarda serata. Sentite le due figlie Dorina e Viktoria Pasho, assieme allo zio Dritan, fratello dell’uomo ucciso, in presenza dei loro avvocati. La Procura di Firenze ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio e occultamento di cadavere, ma al momento non risulta alcun indagato. Resta latitante il figlio Taulent, arrestato a 28 anni per reati di droga e rilasciato proprio lo stesso giorno della scomparsa dei genitori dal carcere di Sollicciano. Nel giugno 2016 era stato nuovamente arrestato per il possesso di 6 chili di marijuana. Venne poi messo ai domiciliari nell’ottobre dello stesso anno, da cui è evaso due settimane dopo. La madre e il padre, residenti in Albania, avevano preso un appartamento in affitto a Scandicci vicino alla casa circondariale, proprio per stare vicini al giovane.

“Chi l’ha visto” – Nella trasmissione dell’8 novembre 2015 del programma di Rai Tre “Chi l’ha visto?” veniva riportata la notizia della scomparsa della coppia albanese. Oltre ai coniugi erano spariti anche 40 mila euro, che Shpetim aveva ottenuto come risarcimento per i danni fisici subiti a seguito di un grave incidente in cui era rimasto coinvolto. I soldi sarebbero dovuti servire ai genitori per rimanere in Italia accanto al figlio fino a Natale 2015, ma sparirono assieme a loro. «Alcuni giorni dopo la scomparsa – aveva dichiarato la figlia Dorina alla trasmissione – ricevetti una strana telefonata da un numero privato. La voce, che sembrava quella di mia madre, diceva ‘Io me ne sto andando, voi dovete fare i cavoli vostri’. Lì per lì non ci ho fatto caso». Un dettaglio che potrebbe risultare essenziale per lo svolgimento delle indagini.

I coniugi Pasho alla trasmissione Chi l’ha visto? – Credits: Ansa

Dorina – Nonostante le indagini sembrerebbero scongiurare i fantasmi del passato del “mostro di Firenze”, a far riemergere l’ipotesi dell’incubo degli Scopeti ci sarebbero le dichiarazioni di una delle due figlie, Dorina Pasho, secondo la quale sarebbe da escludere la pista degli stupefacenti.  «Non è un delitto per droga. Per ridurre due persone così il debito doveva essere grave. E mio fratello è solo un piccolo pusher». «Se fosse stato un delitto per droga, non aspettavano mio padre e mia madre per ammazzarli, perché mio fratello ha abitato da me per anni. Avrebbero potuto uccidere me o i miei figli. Se vai a chiedere a Castelfiorentino sanno chi sono, ci vivo dal 2002, ho un nome di persona rispettabile». Dopo che le è stato chiesto se avesse notizie sul fratello Taulent, ha risposto: «Dov’ è mio fratello? Sono cose mie, lo dirò agli inquirenti. Piuttosto, la procura sa che se le ricerche dell’Interpol dei miei genitori sono partite dall’Albania è per merito di mio fratello. Adesso sono dagli organismi competenti e dirò tutto a loro». Al termine dell’interrogatorio la donna è uscita dalla caserma di Borgo Ognissanti alle 21.30 circa, salendo poi su un’auto con un uomo senza rilasciare dichiarazioni.

Le indagini – Prosegue la ricerca delle parti dei corpi ancora mancanti all’appello, tra cui una gamba dell’uomo. Sono utilizzati anche i cani molecolari dell’unità cinofila di Bologna, tra grandi difficoltà tecniche dovute alle fitte siepi situate tra Sollicciano e il viadotto della superstrada. Intanto emergono dalle indagini le prime certezze. Dall’autopsia, risulta che l’uomo sia stato accoltellato alla gola e la donna sia stata picchiata brutalmente e strangolata. Si indaga anche sul figlio della coppia, evaso dai domiciliari nell’ottobre 2016. L’uomo deve scontare ancora quattro anni di detenzione per condanne legate a reati di stupefacenti. Secondo gli inquirenti le valigie contenenti i resti mutilati sarebbero state lanciate da un mezzo in transito sulla superstrada, superando le barriere antirumore. Di recente è stata avanzata l’ipotesi che i corpi in decomposizione potessero esser stati conservati in un luogo diverso per anni, prima di venire lanciati nei campi di Sollicciano. Il motivo è la notizia che la casa di Taulent e della fidanzata era in passato stata oggetto tra il 2016 ed il 2017 di diverse segnalazioni, da parte dei vicini, di forti cattivi odori ricollegabili ai resti. Ma le autorità hanno smentito, specificando che l’Autorità Giudiziaria, nei diversi sopraluoghi effettuati, aveva riscontrato solo una scarsa cura ed igiene dei cani domestici della coppia. Le autorità ritengono che le valigie si trovassero nei campi da almeno un paio di anni, ovvero il periodo di tempo trascorso dall’ultima volta che il 72enne proprietario del terreno si è recato a pulire il canale di scolo, dove poi il 10 dicembre è stata appunto trovata la prima valigia con il busto saponificato di un uomo.