Un gruppo si occupava di trasferire il denaro sporco cinese da Milano a Londra. L’altro ripuliva i proventi del mercato della droga romano trasformando i contanti in bonifici giustificati da operazioni fasulle o inesistenti. Operazioni che questa mattina hanno portato all’arresto di 20 persone tra la capitale britannica e le province di Roma, Milano, Bari, Vicenza, Pordenone, Viterbo e Campobasso. Per tutti, le accuse sono di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità, autoriciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. In manette è finito anche un imprenditore romano del settore del commercio d’auto, già arrestato in passato per aver effettuato operazioni di riciclaggio a favore di Enrico Nicoletti, cassiere della Banda della Magliana. Per lui, così come per gli altri cinque imprenditori coinvolti, il gip di Roma ha disposto anche l’obbligo di dimora e l’interdizione dalle attività commerciali.
Il sistema – Secondo quanto si apprende, il sistema di riciclaggio era gestito da due gruppi criminali, entrambi facenti capo a imprenditori romani. Il primo, che era già riuscito a raccogliere 15 milioni di euro, doveva recuperare illegalmente i proventi delle attività cinesi con sede a Milano. Il secondo, invece, era responsabile per il denaro proveniente dal traffico di stupefacenti nella Capitale e aveva accumulato 3 milioni di euro. Entrambi i gruppi avevano al loro interno persone incaricate prima di raccogliere i soldi sotto forma di contanti, e poi di versarli ad alcune società tramite bonifici che avevano una finta causale. A loro volta, queste società dovevano trasferire il denaro ricevuto sui conti di altre società con sede a Londra controllate da prestanomi cinesi.
L’indagine – L’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha preso il via dopo l’arresto di un commercialista di Napoli, da anni residente a Roma, avvenuto il 16 novembre 2015. Secondo l’accusa, il professionista era al servizio di organizzazioni criminali di tipo camorristico per le quali riciclava il denaro sporco. Tra le ipotesi di reato figurano anche il trasferimento fraudolento e l’intestazione fittizia di beni e valori, aggravati dal metodo mafioso.