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Soccorritori al lavoro fra le macerie dell’Hotel Rigopiano

Per una famiglia che si ricompone, ce n’è un’altra distrutta. Delle 25 persone estratte dalle macerie dell’Hotel Rigopiano a Farindola (Pescara), solo 11 erano ancora in vita. I soccorritori scavano senza sosta alla ricerca dei restanti 15 dispersi. Nella mattina di martedì 24 gennaio si sono svolti i primi funerali. Intanto la procura di Pescara ha aperto un’inchiesta per omicidio plurimo e disastro colposo. L’indagine vuole far luce sul ritardo dei soccorsi, sugli avvertimenti che sarebbero stati ignorati e sulle presunte irregolarità nella costruzione dell’albergo.

LE ESEQUIE- La funzione funebre per il maitre dell’albergo, Alessandro Giancaterino, di 42 anni, è stata celebrata nella chiesa di Penne, comune vicino a Farindola. Una cerimonia gremita di gente alla quale hanno partecipato la moglie e il fratello della vittima. Era presente anche Fabio Salzetta, il tuttofare dell’albergo, che assieme a Giampiero Parete, il cuoco, è sopravvissuto, perché si trovava fuori dalla struttura al momento del disastro. Nelle stesse ore i vigili del fuoco hanno estratto dalle macerie altri cinque corpi senza vita, tre uomini e due donne. Sale così a 14 il numero delle vittime accertate.

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L’obitorio dell’ospedale di Pescara

IDENTIFICAZIONE- I corpi delle vittime, estratti dalla neve grazie al lavoro ininterrotto dei soccorritori, sono stati portati all’ospedale di Pescara, dove verranno svolte eventuali autopsie e i parenti potranno identificarli. Per ora si conosce il nome di solo sei di loro, fra i quali il titolare dell’albergo, Roberto del Rosso e un rifugiato senegalese, Faye Dame. Sono morti anche Sebastiano Di Carlo e Nadia Acconciamessa, genitori di Edoardo, un bambino di otto anni, estratto vivo il giorno successivo alla tragedia. Si sono invece salvati Adriana Vranceanu e Gianfilippo, moglie e figlio del cuoco di Rigopiano che si era visto portar via la famiglia dalla slavina,

 

5 DOMANDE SULL’HOTEL DI FARINDOLA- Le autorità hanno sottovalutato gli avvertimenti dei giorni precedenti?
Il 14 gennaio Il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, era stato avvertito dal servizio Meteomont che il rischio valanghe sulle montagne del Gran Sasso era stato innalzato a livello 4, un solo grado sotto a quello di massima allerta. Il primo cittadino non ha però predisposto l’evacuazione, lamentando un’assenza nelle comunicazioni a causa del blackout dell’elettricità per colpa della neve che continuava a cadere anche in quelle ore.

I soccorsi sono arrivati tardi?

Contrariamente a quello che sostiene il sindaco, le comunicazioni c’erano state. Una mail inviata alle sette del mattino del 18 gennaio dal direttore dell’albergo, Bruno di Tommaso, chiedeva al Prefetto di Pescara, al presidente della Provincia, alla polizia provinciale e al sindaco di Farindola di inviare mezzi di soccorso. La statale 42 che portava al Rigopiano era impraticabile perché coperta da due metri di neve e le continue scosse di terremoto avevano terrorizzato gli ospiti. Inoltre il cuoco Giampiero Parete, dopo aver visto l’hotel spostarsi di una decina di metri per la violenza della slavina, aveva avvertito i soccorsi immediatamente. Il disastro è avvenuto attorno alle 17 ma i mezzi si sono messi in moto solo attorno alle 20 e gli uomini sono stati costretti a salire con gli sci, perché la strada era ancora impraticabile.

A handout photo made available on 24 January 2017 by the Italian Fire Department (Vigili del Fuoco) shows firefighters during their search for missing guests at the Hotel Rigopiano in Farindola, Abruzzo region, Italy, 24 January 2017 ANSA/ VIGILI DEL FUOCO EDITORIAL USE ONLY

Un mezzo dei vigili del fuoco scava attorno a quello che resta dell’albergo

Repubblica ha riportato la trascrizione di una telefonata fatta alle 18:20 del giorno della disastro da un ristoratore di Silvi Marina, Quintiliano Marcella, al Centro di coordinamento soccorsi della prefettura di Pescara. Marcella avvisa che il cuoco del suo albergo, che al momento si trovava al Rigopiano con la famiglia, gli aveva inviato un messaggio su Whatsapp avvisandolo che la struttura era crollata. La funzionaria del centralino risponde che quella era una storia che circolava dalla mattina e che i vigili del fuoco avevano già fatto tutti i controlli. Le ultime notizie riguardavano il crollo del tetto di una stalla nelle vicinanze della struttura alberghiera. Gli accertamenti erano però avvenuti due ore prima delle telefonata di Marcella, cioè prima che la valanga distruggesse il Rigopiano.

Come mai non è arrivata subito una turbina per aprire un varco verso l’hotel?

Gli spazzaneve che avevano provato a ripulire la statale che portava al Rigopiano si erano bloccati a un bivio. Dal Centro coordinamento soccorsi si cerca una turbina, ma l’unica macchina nelle vicinanze è rotta. Alla fine e viene rintracciata una all’Aquila, che dista un’ora e mezza di strada. Non ci si accorge invece di quella disponibile soli 20 minuti, al lavoro per tutto il pomeriggio fra i comuni di Penne e Guardiagrele.

Come mai gli spazzaneve erano fermi?

La sera prima della valanga, una coppia di ospiti dell’albergo aveva deciso di terminare le vacanze, preoccupata per tutta la neve che andava via via accumulandosi e per il maltempo che non dava cenni di miglioramento. Questo significa che meno di 24 ore prima del disastro, le strade erano praticabili. Non ci si riesce a spiegare come mai nella notte fra il 17 e il 18 gennaio gli spazzaneve non si siano mossi.

L’albergo poteva essere costruito in quella posizione?

Nel 2008 i titolari dell’albergo furono processati per presunto abuso edilizio. L’accusa, dalla quale furono assolti con formula piena, non riguardava l’intera struttura, ma solo alcuni ampliamenti e ristrutturazioni che erano stati apportati l’anno precedente. Il dubbio sull’opportunità o meno di costruire alla fine di un canalone, che aveva trasportato più a valle una consistente quantità di frammenti di rocce, derivata da cedimenti del versante appenninico vecchi di secoli. Per questa ragione gli ambientalisti di Forum H2O Abruzzo sostengono che la struttura sia stata eretta su una montagna di detriti.