«Mi chiamo Mussolini Benito Amilcare Andrea, ora non più cittadino di Salò», per parafrasare una delle scene più rappresentative della serie M – Il figlio del secolo, uscita a inizio 2025. Potrebbe essere stato proprio il dibattito sulla figura di Benito Mussolini creato dalla serie diretta da Joe Wright, basata sul romanzo omonimo di Antonio Scurati, a riproporre la questione delle cittadinanze onorarie attribuite in tutta Italia al dittatore che governò il Paese fra il 1922 e il 1943 e poi la Repubblica Sociale Italiana tra il 1943 e il 1945. Lo stato fantoccio del regime nazista nel Nord Italia è passato  alla storia come Repubblica di Salò, in quanto era da qui che partivano i comunicati governativi, ed è proprio a Salò che il consiglio comunale ha deciso ora, poco più di cento anni dopo, di revocare la cittadinanza onoraria assegnata a Mussolini nel 1924.

Il voto in giunta – Sulla decisione ha insistito il sindaco Francesco Cagnini, eletto a giugno 2024. «Non intendiamo assolutamente cancellare la storia, né esimerci dal fare i conti con essa.» ha affermato Cagnini, «Ribadiamo semplicemente che, alla luce dei valori costituzionali e democratici, Benito Mussolini non merita alcuna onorificenza dal Comune». La mozione è stata votata approvata da tutta la maggioranza – 12 consiglieri – mentre ci sono stati un astenuto e tre voti contrari della minoranza, che ha accusato la giunta di strumentalità ideologica, prospettando anche possibili ricorsi al Tar. Non sono mancati gli applausi e nemmeno i fischi provenienti da decine di militanti di estrema destra riunitisi all’esterno del Municipio.

Carabinierei fuori dal municipio di Salò dove è in corso il Consiglio comunale di Salò dove si deciderà se revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, Salò 26 febbraio 2025. ANSA/FILIPPO VENEZIA

Le cittadinanze onorarie del duce – Nel biennio 1923-24 un gran numero di comuni in tutta Italia conferirono la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini per aumentarne il prestigio e il consenso in vista delle elezioni politiche del ‘24, nella maggior parte dei casi su impulso dei prefetti o commissari prefettizi locali sotto il controllo governativo. A partire dalla Liberazione sono stati invece molti i comuni che iniziarono a cancellare il nome del duce dall’elenco dei cittadini onorari, prime fra tutti Napoli e Matera, che lo fecero già nel 1944, mentre il Paese era ancora diviso e in guerra.

Revoche negate tra legge e ideologia – La questione delle revoche è stata sin da allora complicata dall’assenza di una legge a livello nazionale che regoli la concessione delle cittadinanze onorarie. Ogni comune ha infatti regolamenti propri per l’assegnazione di onorificenze, che spesso contengono anche norme sulle revoche, legate alla perdita dei requisiti che avevano portato all’assegnazione (in molti casi è indicata l’indegnità morale). La revoca diventa però ardua per molti comuni che hanno nel proprio regolamento il divieto nel caso di insigniti deceduti, mentre altri (come Roma, che però non annovera Mussolini tra i propri cittadini onorari) non consentono la revoca trascorsi 50 anni dal conferimento. Succede così che la “rossa” Bologna, città con un dominio quasi assoluto di giunte di sinistra nel Dopoguerra, abbia ancora il nome di Benito Mussolini nel registro dei cittadini illustri, e non riesca a liberarsene nonostante le ripetute proposte proprio per via del divieto nel regolamento comunale di revoca per cittadini deceduti. Ci sono altre grandi città che annoverano ancora il dittatore tra i cittadini illustri, come Trieste, Perugia, Brescia, Gorizia e Potenza, mentre altre lo hanno rimosso solo negli ultimi decenni: Firenze nel 2009, Torino nel 2014, Mantova nel 2018 e Bergamo nel 2019. Rimozione, quella di Bergamo, che aveva suscitato scandalo per via dell’astensione dell’allora sindaco di centrosinistra Giorgio Gori, che aveva dichiarato: «Della storia, anche dei suoi passaggi più bui, è sempre opportuno trattenere memoria e insegnamento. Quello, per esempio, che i popoli non sempre hanno ragione, a volte compiono tragici errori». Argomentazione simile a quella del sindaco di centrosinistra di Tricase, Antonio De Donno, che si era addirittura opposto alla mozione del 2021 nel suo comune, comunque passata, per togliere la cittadinanza onoraria a Mussolini, pochi mesi dopo che la senatrice a vita Liliana Segre, vittima da bambina delle leggi razziali fasciste, era diventata cittadina onoraria tricasina. Ci sono poi comuni dove la mancata revoca della cittadinanza onoraria è una scelta: in alcuni casi, dove non c’è alcun regolamento, è stata utilizzata l’argomentazione che la revoca debba essere all’unanimità, nonostante in assenza di norma ciò non sia necessario – è il caso per esempio di Novi Ligure. In altri si è parlato dell’inutilità della revoca di una onorificenza che appartiene alla storia e va contestualizzata nel periodo in cui fu concessa, obiezione utilizzata da giunte sia di destra, sia di sinistra. Caso particolare è invece quello di Ustica dove, per cancellare il nome di Mussolini, la giunta di centrodestra ha scelto di modificare il regolamento comunale e far sì che tutti i “cittadini illustri” morti siano privati della benemerenza. Così, oltre a Benito Mussolini e Roberto Farinacci, anche Mike Bongiorno e Walt Disney hanno perso la cittadinanza usticese.

I gerarchi – Non solo Mussolini, anche molti gerarchi fascisti sono rimasti, ancora di più sottotraccia, cittadini onorari di molti comuni italiani. Caso eclatante è Milano, che annovera tra i suoi cittadini illustri i quadrumviri Emilio de Bono e Italo Balbo, alti gerarchi del fascismo, tra i capi della marcia su Roma, e il generale Rodolfo Graziani, che aveva condotto campagne coloniali in Libia e in Etiopia ed è poi stato a capo della campagna d’Africa e delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana.  Un caso particolare è invece quello che riguarda il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Impiegato nelle guerre coloniali fasciste e nella Seconda guerra mondiale. Nel 1939, in pieno periodo fascista, il suo paese natale, Grazzano Monferrato, assunse in suo onore il nome di Grazzano Badoglio, che non è stato più cambiato, nonostante le controversie sulla figura del maresciallo, che fu in seguito alla caduta del fascismo Presidente del consiglio e responsabile dell’armistizio di Cassibile con gli Alleati.