Sono sempre più flebili le speranze di ritrovare viva Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa da oltre un mese da Novellara (RE). Il fratello della giovane accusa lo zio dell’omicidio e sono emersi alcuni messaggi della ragazza inviati al fidanzato dopo aver sentito i genitori dire che «ucciderla è l’unica soluzione» perché non intendeva accettare il matrimonio combinato dalla famiglia. A questo si aggiungono due agghiaccianti messaggi dello zio in chat con una parente: «il lavoro è stato fatto bene» e «Se chiederanno di lei diremo che è in Pakistan».

La ricostruzione – Gli inquirenti hanno ricostruito l‘omicidio anche grazie alle parole del fratello 16enne, che oggi vive protetto per timore di ritorsioni. Saman sarebbe stata uccisa la sera tra il 30 aprile e l’1 maggio. Le videocamere di sorveglianza riprendono la ragazza uscire di casa con il padre e la madre: Saman indossa un hijab e uno zainetto di colore chiaro. Dopo pochi minuti, i genitori tornano indietro senza di lei. Successivamente, il padre esce di nuovo e rincasa con lo zainetto della giovane. I magistrati ritengono che Saman sia stata consegnata allo zio, il 33enne Danish Hasnain, che l’avrebbe strangolata. La tesi sarebbe avvalorata da altre immagini: due giorni prima, Hasnain e due cugini sono stati ripresi mentre uscivano di casa con pale, piede di porco e secchio. Secondo l’accusa, per scavare la fossa per la ragazza, le cui eventuali tracce sono cercate nei dintorni dell’abitato. Nei giorni successivi i familiari hanno lasciato Novellara: i genitori alla volta del Pakistan, mentre zio e cugini si sono diretti in Francia. Qui sono stati fermati per un controllo di routine: non avendo i documenti in regola, gli uomini sono stati invitati a presentarsi alle autorità, ma sono spariti e oggi su di loro pende un mandato di cattura europeo. Un cugino, Ikran Ijaz, fermato in Francia, nega ogni responsabilità.

“Se non mi senti chiama la polizia” – La vicenda di Saman Abbas ricorda tristemente quella di due altre ragazze pakistane: Hina Saleem e Sana Cheema, entrambe cresciute nel Bresciano e uccise dai familiari perché volevano vivere una vita “all’occidentale”. Saman era arrivata in Italia nel 2016, a 13 anni. Dopo aver frequentato la terza media, avrebbe desiderato continuare a studiare, ma la famiglia gliel’ha impedito. Nell’ottobre 2020, la ragazza denuncia i genitori che hanno combinato il suo matrimonio in Pakistan: c’è già la data, 22 dicembre, hanno già preso i biglietti. Saman non vuole, ha un ragazzo conosciuto in chat. É accolta in una comunità protetta di Bologna, da dove scappa più di una volta proprio per vedere il fidanzato. L’11 aprile torna a casa, per riprendersi i documenti e lasciare definitivamente la famiglia. Viene convinta a rimanere per qualche giorno, ma ha paura. Al fidanzato, un 21enne pakistano, confida: “se non mi senti per 48 ore, chiama la polizia”. Il ragazzo sta collaborando con gli inquirenti.

La difesa del padre – Il padre della ragazza, Shabbar Abbas, si trova in Pakistan ed è stato raggiunto telefonicamente dal Resto del Carlino lo scorso 31 maggio. L’uomo nega categoricamente le accuse e sostiene che Saman sia in Belgio, dove era già stata negli scorsi mesi. Inoltre ha dichiarato che tornerà in Italia il prossimo 10 giugno e si presenterà ai carabinieri per chiarire la propria posizione. Il fratello di Saman avrebbe visto il padre piangere e quasi svenire dopo la morte della ragazza e ha sostenuto che Shabbar temesse l’aggressività e la violenza del fratello. Ma se è vera la ricostruzione degli inquirenti, l’uomo e la moglie rischiano una condanna per omicidio ed è lecito dubitare di un loro ritorno volontario a Novellara.