Si riaccendono i riflettori su San Patrignano. Andrea e Giacomo Muccioli, figli del defunto fondatore della Comunità Vincenzo Muccioli, querelano Netflix per diffamazione aggravata. Il colosso americano dello streaming, che ha realizzato la docu-serie “SanPa. Luci e tenebre a San Patrignano”, avrebbe offeso la memoria del padre, offrendo una ricostruzione distorta della storia della Comunità e del suo ideatore, condita di allusioni e bugie. Già al suo esordio a fine dicembre 2020, la serie aveva provovocato un dibattito nell’opinione pubblica e scatenato le polemiche della famiglia Muccioli e dell’organizzazione, che si occupa dal 1978 del recupero di giovani tossicodipendenti con metodi giudicati spesso controversi.

Le motivazioni – «I figli del fondatore di SanPa lamentano, innanzitutto, come, all’interno della docu-serie, Vincenzo Muccioli venga indicato come misogino e omosessuale», scrivono gli avvocati Alessandro Catrani e Francesca Lotti, che assistono i due fratelli. «La causa della sua morte, inoltre, viene attribuita all’Aids, contratta a causa del suo stile di vita e dei suoi comportamenti privati. I familiari rilevano che nessuna di tali affermazioni, indiscrezioni, pettegolezzi, presentati a milioni di persone, è vera. Quindi ne lamentano la assoluta falsità», continuano i legali. La famiglia sottolinea poi come l’immagine e la memoria di Muccioli, «grande padre e uomo che ha dedicato la sua esistenza al Bene», sia stata diffamata violando i più elementari principi della privacy e investendo gravemente la vita dei suoi eredi. «Dalla messa in onda della fiction la loro vita privata e quella dei loro familiari – scrivono gli avvocati – è stata travolta da continue domande, richieste da parte di amici, conoscenti, persone comuni, sulla veridicità di quanto affermato e rappresentato nella docu-serie. Si sono trovati colpiti e feriti in quanto c’è di più prezioso: memoria, reputazione e onorabilità di un padre scomparso». «Dal punto di vista giuridico e dal nostro punto di vista professionale, in questo caso anche umano, la querela che abbiamo presentato per conto dei fratelli Muccioli è a nostro avviso ineccepibile – concludono Catrani e Lotti – Ora sarà la magistratura a valutare la sussistenza di violazioni di legge, le eventuali responsabilità penali e a quantificare il danno recato».

La serie – Approdata il 30 dicembre 2020 sulla piattaforma streaming e distribuita in 190 Paesi, “SanPa” è la prima docu-serie originale italiana di Netflix. Realizzata con 25 testimonianze, 180 ore di interviste e immagini tratte da 51 differenti archivi, la fiction ripercorre in cinque episodi il primo ventennio di attività di San Patrignano, fino alla morte di Vincenzo Muccioli nel 1995. L’intenzione era quella di realizzare un quadro obiettivo, che descrivesse luci e ombre della Comunità, da sempre giudicata paradiso o inferno di chi vi approdava. Per questo sono molte e contrastanti le opinioni che si susseguono nella docu-serie, che dà spazio a sostenitori, amici ed ex ospiti della struttura, ma anche a lunghe interviste di repertorio a Muccioli, commentate nel presente dal figlio Andrea.

Le polemiche – Fin da subito la Comunità aveva preso le distanze dalla produzione, dissociandosi «completamente». Per San Patrignano il racconto che emerge dalla serie «è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori». «Alla regista è stato fornito un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano, ma tale elenco è stato totalmente disatteso, ad eccezione del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini, per lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che pare voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette», afferma la Comunità, sottolineando di aver «sempre aperto le proprie porte» applicando gratuitamente «un programma terapeutico basato su principi e metodi molto distanti da quelli descritti nella docu-serie». SanPa si era attirata anche le critiche di Letizia Moratti, da sempre profondamente legata alla Comunità, che finanziava e frequentava assiduamente in compagnia del marito Gian Marco.