Una parte fondamentale della legge Gelli sulla responsabilità sanitaria sta per sbloccarsi. Dopo quasi cinque anni il Governo ha concordato con le Regioni una nuova bozza del regolamento che stabilisce i requisiti minimi delle coperture assicurative obbligatorie per medici, infermieri e altri professionisti sanitari. Non è ancora chiaro però quando verrà formalizzata l’intesa: la bozza è stata inviata una decina di giorni fa alla Conferenza Stato-Regioni ma non è stata ancora inserita nell’ordine del giorno della prossima seduta.

Le novità principali – Si tratta di misure controverse che interessano sia i pazienti danneggiati, i quali potrebbero contare su nuove risorse per i risarcimenti, sia i professionisti, che sarebbero maggiormente tutelati. Nel settore sanitario il tasso di sinistri e i costi sono molto elevati: secondo l’ultimo report Medmal (medical malpractice ndr.) di Marsh (leader mondiale nell’intermediazione assicurativa e nella consulenza sui rischi), la spesa media annua per le strutture pubbliche supera i tre milioni di euro. Il nuovo regolamento individua innanzitutto le classi di rischio e i corrispondenti massimali minimi per le polizze: un milione di euro per sinistro per i laboratori, due milioni per i professionisti che svolgono le attività a più alto rischio (chirurgia, ortopedia, anestesia e parto) e cinque milioni per le strutture che svolgono le attività citate in precedenza.  La vecchia versione del regolamento prevedeva un vincolo che escludeva l’operatività della copertura assicurativa se il professionista non avesse acquisito almeno il 70% dei crediti formativi entro i tre anni precedenti. Nella nuova bozza questo vincolo è stato invece eliminato.Il testo prevede un aumento del periodo transitorio per le strutture in modo che si possano dotare di un fondo rischi e di un fondo di riserva sinistri: le Regioni chiedevano di passare da 12 a 36 mesi, alla fine il compromesso raggiunto è stato di 24. Per quanto riguarda l’adeguamento dei contratti di assicurazione, anche in questo caso il periodo per adattare questi ultimi ai nuovi requisiti minimi sale da 12 a 24 mesi.

Chi paga – Il nuovo decreto attuativo risolve un dubbio fondamentale di chi svolge professioni sanitarie: tutti dovranno assicurarsi in proprio e a proprie spese per il rischio di rivalsa/regresso, ma la copertura per chi lavora per conto di una struttura è a carico di quest’ultima. I liberi professionisti che hanno rapporti contrattuali con i loro pazienti dovranno invece assicurarsi in proprio, anche nel caso in cui svolgano l’attività appoggiandosi a una struttura.Vengono anche stabilite le disposizioni per le tante strutture che decidono di non assicurarsi. Questa scelta dev’essere accompagnata da una motivata delibera e sostenuta da ampie garanzie delle capacità della struttura di prevenire, controllare e gestire al meglio i fattori di rischio, garantendo anche le eventuali riserve per farvi fronte.

La casistica – Il Sole 24Ore ha pubblicato lunedì 24 gennaio un grafico (i dati sono riferiti al 2019) che delinea in maniera precisa le tipologie di sinistro più frequenti, le specialità mediche più a rischio e i costi medi annui per le strutture. Sia per quanto riguarda la sanità pubblica che per quella privata, l’errore chirurgico è l’incidente più frequente, rispettivamente con il 36,7% e il 40,2%, seguito dall’errore diagnostico e da quello terapeutico. Tra le specialità mediche più a rischio troviamo ortopedia e traumatologia (20,1%), pronto soccorso (14,2%) e chirurgia generale (13,2%). I costi dei sinistri nella sanità pubblica superano i tre milioni di euro e i tempi medi per i risarcimenti sono di due anni e mezzo. Nel settore della sanità privata invece i costi si aggirano intorno ai 505mila euro e le tempistiche di risarcimenti superano i tre anni.