«I’m dreaming of a white Christmas» cantava Bing Crosby nel 1942. Eppure, ottant’anni fa avere un bianco natale non era un sogno così ambizioso. Da allora le nevicate in Italia, secondo i dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), sono calate quasi dell’80%. Mentre quest’anno, la Fondazione Cima, che studia i rischi legati al cambiamento climatico, ha indicato un deficit del 61% di neve rispetto alle medie storiche. Dopo le incoraggianti nevicate di fine novembre, il caldo e la scarsità di precipitazioni della prime settimane di dicembre stanno rallentando significativamente l’accumulo di neve su tutto il territorio nazionale. Intanto nelle montagne italiane i comprensori sciistici provano a rimanere aperti a tutti i costi, anche a quello di alzare i prezzi degli skipass del 38% in quattro anni.
Quali sono le mete più costose – Secondo un’indagine di Altroconsumo, nell’ultimo anno il prezzo dello skipass giornaliero è aumentato in media del 4%, in linea con la crescita registrata nel 2024. Il Trentino Alto-Adige continua ad essere una delle mete più costose dell’arco alpino: nei comprensori principali, tra cui Val Gardena, Plan de Corones, Alta Badia e Tre Cime, i prezzi sono aumentati da 77 a 80 euro. Svetta Madonna di Campiglio, che è salita da 79 a 85 euro (+7,6%). In Veneto, il giornaliero di Dolomiti Superski è passato da 83 a 86 euro (+3,6%): incremento simile a quello di Cortina d’Ampezzo, meta delle prossime Olimpiadi, dove le tariffe hanno subito un aumento del 3,9%. In Lombardia la media dei rincari è del 5%, e ad alzarla ha contribuito ampiamente Livigno, dove il prezzo è salito da 65 a 71 euro al giorno (+10,1%). Gli incrementi in Valle d’Aosta, invece, sono sotto la media nazionale. Escluso il collegamento internazionale Cervinia-Zermatt, che è arrivato a costare 87 euro, le altre località sciistiche si sono mantenute su prezzi più moderati: 58 euro Pila e la Thuile, 61 euro Monterosa Ski, 69 euro Courmayeur (+3%). In Piemonte alcune stazioni, come Limone e Bardonecchia, hanno lasciato i prezzi immutati: rispettivamente a 48 e 49 euro. La Vialattea a Sestriere è passata da 54 a 57 euro. Ma l’aumento più significativo si è registrato ad Alagna Valsesia: da 54 a 61 euro, con una crescita del 13,1%. Il Friuli-Venezia Giulia è l’unica regione che ha lasciato tutti i prezzi invariati: lo skipass giornaliero a Piancavallo, Sella Nevea, Zoncolan e Tarvisio oggi costa 44 euro. Infine, in Appennino l’aumento medio è stato del 3,8%. In testa Ovindoli, che è passata da 42 a 46 euro, segnando un incremento del 10%.
A cosa è dovuto il rincaro – Negli ultimi anni la crescita dei prezzi dello skipass ha superato quella dell’inflazione, ed è chiaro che non si tratti più di un aggiustamento. Oggi oltre alle spese di gestione tradizionali, i gestori degli impianti devono affrontare elevati costi energetici e produzione costante di neve artificiale. A pesare sul bilancio dei comprensori, inoltre, si aggiunge la necessità di rinnovare impianti e seggiovie. Ad avere un’opinione diversa, però, è Gabriele Melluso, presidente di Assoutenti, secondo il quale «i nuovi rincari applicati dagli operatori turistici appaiono del tutto ingiustificati e inaccettabili, sia perché l’inflazione in Italia è sotto controllo, sia perché le tariffe energetiche che nel 2022 avevano aggravato i costi a carico dei gestori degli impianti sono tornate alla normalità». Quel che è certo è che la stagione sciistica 2025/2026, tra scarso innevamento e aumento dei costi, non sarà facile. A trainare la domanda rimangono gli stranieri. E sognare un bianco natale, rimane un lusso che pochi italiani possono permettersi di fare.




