Ansa/ Alessandro Di Marco

Il 18 gennaio segna il rientro in classe per circa 640mila studenti delle superiori sui 2 milioni e 600mila di tutta Italia. Dopo quasi tre mesi di didattica a distanza, sono quattro le regioni che hanno deciso di riaprire i cancelli degli istituti secondari di secondo grado: Piemonte (176mila studenti), Emilia-Romagna (197mila), Lazio (256mila) e Molise (13mila). Si aggiungono al Trentino, in presenza già dal 7 gennaio, e a Toscana, Valle d’Aosta e Abruzzo, in aula dall’11 gennaio. Fino all’ultimo momento ha regnato l’incertezza: è solo di domenica sera l’ultimo parere richiesto al Cts (Comitato tecnico scientifico) dal ministro della Salute Roberto Speranza. Dal verbale della riunione emerge che «l’incremento dell’incidenza dei nuovi casi è contenuto» e «l’importanza del ritorno in classe non è più procrastinabile per il grave impatto della sua assenza sull’apprendimento e la strutturazione psicologica» dei ragazzi. Concorde la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina che su Facebook scrive: «Queste valutazioni rappresentano una guida chiara che mi auguro possa garantire certezze a scuole e studenti. Il rientro è un atto di responsabilità».

Ingressi scaglionati – Ogni scuola ha scelto i criteri che ha ritenuto opportuni: classi divise in due gruppi con presenze alternate, oppure classi intere alternando biennio e triennio o i diversi indirizzi presenti nella stessa struttura. Un rientro al 50 per cento che non convince tutti. Come Stefania, studentessa di 18 anni, che a Corriere Torino racconta: «Non è giusto che dopo tutti gli sforzi che persone come me hanno fatto, ora ci costringano a mettere a rischio la nostra salute e quella della nostre famiglie». Oltre agli inevitabili contatti con gli altri compagni, seppur mantenendo distanziamento e mascherine, preoccupa l’utilizzo dei mezzi pubblici per gli spostamenti.

Ansa/ Massimo Percossi

Le proteste – I comitati studenteschi di tutta Italia, a prescindere dai rientri, hanno organizzato manifestazioni di protesta per chiedere maggiori investimenti nella scuola. Contrari anche al continuo “stop and go”: a Trieste, il comitato “Priorità alla scuola” chiede il rientro al 100 per cento perché «con le scuole chiuse non c’è futuro». A Roma, manifestazioni davanti al Campidoglio e al ministero per ottenere i tamponi per tutti gli studenti al fine di garantire un rientro in piena sicurezza.

La rabbia degli studenti milanesi – Lombardia di nuovo zona rossa e in Dad tutti i suoi liceali. Questa situazione ha scatenato la rabbia degli studenti milanesi del “Comitato in difesa della scuola” che, nel corso di un blitz notturno, hanno bloccato gli accessi all’Ufficio Scolastico Regionale di via Polesine con catene e lucchetti. “Chiuso per incompetenza”, recitano i cartelli con cui è stato disseminato l’ingresso. «Vi chiudiamo fuori come voi avete chiuso fuori noi – si legge nella nota degli studenti – dopo 8 mesi di immobilismo siamo ancora costretti a chiedervi più spazi, più trasporti, più assunzioni, più sicurezza, più soldi». In rivolta anche il liceo Parini, occupato da una trentina di studenti. Gli altri compagni seguono le lezioni dal pc nel cortile dell’istituto. Nel pomeriggio sono previste lezioni tenute dagli stessi ragazzi. «Crediamo che un rientro in classe in sicurezza sia effettivamente possibile, e oggi siamo qui per mostrare a tutti come lo si può attuare – dichiara il rappresentante d’istituto Alessandro Di Miceli a Repubblica – abbiamo tamponi rapidi, un protocollo sanitario, e la volontà di collaborare con tutte le altre componenti scolastiche. Tutto ciò è possibile anche a livello nazionale, ma serve volerlo davvero fare, e riconoscere la scuola come una priorità».

Ancora in Dad – Restano in Dad anche gli studenti di Calabria, Campania, Umbria, Liguria, Puglia, Sardegna, Marche, Basilicata, Sicilia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Il ritorno in presenza è previsto tra il 25 gennaio e l’inizio del mese di febbraio. Ad eccezione della Sicilia tornata rossa, nonostante si tratti di regioni arancioni o addirittura gialle, come nel caso di Campania e Sardegna, riaprire le aule agli studenti delle superiori viene considerato più un rischio che un’opportunità. Il governatore campano Vincenzo De Luca, durante la sua diretta Facebook, aveva già annunciato che non ci sarebbero state aperture generalizzate.