food-map_oxfam copyIn Olanda si mangia meglio che in Italia. Non vi suona? Eppure è così: lo dice il nuovo indice globale sull’alimentazione stilato da Oxfam, confederazione di 17 Organizzazioni non governative contro la povertà. L’Olanda, secondo tale classifica, è al primo posto su 125 Stati, tutti esaminati per quantità, qualità, sanità e accessibilità degli alimenti. E se il paese dei tulipani risulta il migliore, subito dopo vengono Francia e Svizzera. L’Italia è solo ottava.

Chissà se ce lo ricorderanno l’anno prossimo, quando Milano ospiterà l’Expo 2015 a tema nutrizione. Il nostro Paese rimane comunque al top nella classifica mondiale, ma sarà forse più difficile vantare l’eccellenza della nostra produzione alimentare. Eppure, a ben vedere, quest’ultima non è in discussione. Il problema, spiega l’Oxfam, è che in Italia è scesa la qualità del cibo scelto dalle famiglie, non di quello prodotto. Inoltre è aumentata l’insorgenza di malattie correlate alla cattiva nutrizione, come l’obesità e il diabete. Ovvero i parametri che organismi come la Fao utilizzano per misurare lo stato di salute di un Paese.

“Per un Paese che fa del mangiar bene un tratto forte e distintivo dell’identità nazionale è un piazzamento deludente”, commenta la Direttrice Campagne di Oxfam Italia, Elisa Bacciotti. Difficile biasimare le famiglie, però, se mangiano male per fare economia. “In Italia il reddito medio delle persone è inferiore alla media europea – spiega Bacciotti – mentre il prezzo del cibo è in linea col resto d’Europa, per cui gli italiani spendono una proporzione maggiore del loro reddito in cibo”.

Con la crisi, poi, le cose non sono migliorate. I dati Istat relativi al 2012 dicono che la spesa media mensile per famiglia è stata pari a 2.419 euro, il 2,8% in meno rispetto all’anno precedente, senza contare l’effetto dell’inflazione. La rilevazione ha notato anche che più famiglie hanno scelto prodotti di qualità inferiore o ne hanno comprati di meno, arrivando ad essere oltre sei su dieci. I primi dati del 2013 sulle vendite al dettaglio hanno confermato la tendenza: Confagricoltura sottolinea come sia aumentata “la scelta della spesa alimentare a basso costo nei discount”, che sono poi gli unici esercizi ad aver registrato una crescita (+1,4%).

Che fare dunque per migliorare la nostra alimentazione? “La strada che noi visualizziamo – prosegue la direttrice di Oxfam – è quella di una politica sociale volta a stimolare la crescita economica e l’instaurarsi di misure di protezione sociale che tutelino il reddito di tutti i cittadini, anche i non occupati”. Insomma una via politica. “Certamente poi i cittadini stessi possono, e già lo fanno, organizzarsi per cambiare il loro stile di vita e di consumo, privilegiando prodotti a filiera corta, acquistati direttamente dai produttori, o quelli di gruppi di acquisto solidale, “non raffinati” e potenzialmente più sani”.

Da ultimo, per risalire la classifica Oxfam bisognerebbe fare un po’ di autocritica: l’ultima ricerca Ipsos per Save the Children parla di bambini italiani sedentari e disordinati nell’alimentarsi. Se da una parte la crisi ci mette lo zampino, impedendo a un ragazzo su quattro di usare un impianto sportivo, è vero anche che sempre più minori non sentono il bisogno di fare sport. E lo stesso vale per il mancato consumo di frutta e verdura. Inoltre la tentazione di mangiare peggio di quel che si potrebbe non risparmia gli adulti, che già da anni pare abbiano abbandonato la tradizionale dieta mediterranea per un più globale “politeismo alimentare”, secondo il Censis.

Eva Alberti