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L’ingresso dell’assessorato alla Formazione della Regione Sicilia (foto Ansa)

Una “torta” da 500 mila euro spartita in pochi mesi. Soldi pubblici destinati alle imprese che forniscono beni e servizi all’assessorato alla Formazione della Regione siciliana e che invece finivano nei conti correnti personali dei dipendenti. Dopo un anno, nuovi mandati di pagamento per l’intero importo – e quindi con un raddoppio della spesa ai danni della collettività – finivano nelle tasche degli impenditori. Un sistema quasi perfetto, che ha funzionato fino a quando ai carabinieri non è arrivata la soffiata da parte di qualcuno che ha svelato il trucco.

Quindici persone sono state così arrestate dai Carabinieri di Palermo: tredici i dipendenti
dell’assessorato alla Formazione finiti ai domiciliari e due gli imprenditori in carcere, accusati a vario titolo di peculato, truffa aggravata nei confronti dello Stato, turbata libertà degli incanti, falsità materiale e ideologica.

Il sistema era semplice e collaudato. I mandati di pagamento per le aziende venivano preparati e successivamente i dipendenti regionali cambiavano l’Iban dei destinatari, inserendo quello personale. I soldi anziché alle aziende finivano nei conti personali. I carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, hanno accertato che la Regione pagava due volte i mandati. La prima volta finivano nelle tasche dei dipendenti, dopo un anno, a seguito della richiesta delle ditte che non avevano ricevuto le somme, venivano eseguiti nuovi mandati.

“L’attenzione dell’arma dei carabinieri è massima non solo per i reati legati alla criminalità organizzata – dice il colonnello Pierangelo Iannotti, comandante provinciale dei carabinieri – ma anche per i reati contro la pubblica amministrazione, che comportano un depauperamento delle casse pubbliche”.

Davide Gangale