Il 27 gennaio scorso, davanti a settecento pompieri e ospiti internazionali, il Corpo italiano dei Vigili del fuoco è stato premiato con il Conrad Dietrich Magirus Award, riconoscimento nato nel 2012, per l’eccezionale lavoro di squadra svolto ad Amatrice dopo il terremoto del 24 agosto 2016.

La premiazione – La Magirus, società tedesca produttrice di mezzi antincendio dal 1866, ha reso omaggio al Corpo italiano con il premio Miglior team internazionale del 2016. In rappresentanza di tutti i colleghi sono andati a ritirarlo quattro membri: Raimondo Montana Lampo, Antonio Di Malta, Oronzo Passabi e Giovanni Salzano. Sul sito della Magirus vengono riportati i numeri dello sforzo compiuto dai pompieri dopo il sisma di questa estate: più di 40 mila persone portate in salvo, oltre 26 mila operazioni, squadre da dodici regioni italiane.

Luca Cari, responsabile comunicazione dei Vigili del fuoco italiani, commenta così il premio e il lavoro degli ultimi mesi.

pompieri 2Quanto vi gratifica questo riconoscimento?
«Siamo contenti, è importante per tutti i colleghi, ma è il nostro lavoro: intervenire quando c’è bisogno e salvare vite umane. Il nostro premio sono i quattro bambini salvati a Rigopiano. Sono quelli i momenti di vera gioia per tutta la squadra, che inorgogliscono il Corpo. Noi operiamo tutti i giorni in tutta Italia, e preferiamo farlo lontano dai riflettori. Le manifestazioni di affetto della popolazione nei luoghi colpiti da disastri sono la nostra linfa, ma spesso si fa troppa retorica».

 

Si riferisce ai media?
«No, più in generale la mia vuole essere una piccola critica al modo in cui si racconta la nostra quotidianità. Meno “angeli o “eroi”. Nel nostro mestiere ci vuole prudenza, equilibrio. Vorremmo che fosse rappresentato allo stesso modo. Con i giornalisti lavoriamo fianco a fianco nei luoghi colpiti da sisma, alluvione o altro avvenimento. Ci assicuriamo che possano avvicinarsi il più possibile e in assoluta sicurezza: le loro telecamere devono raccontare la realtà dell’evento».

State investendo molto nella comunicazione, può aver contribuito alla vittoria del premio?
«Forse in parte. Ma in realtà è da oltre cinquant’anni che siamo impegnati in questo. Per decenni abbiamo raccolto immagini delle nostre operazioni a fini di formazione interna. Quelle immagini sono servite a insegnare il nostro lavoro alle nuove leve: il disastro del Vajont, l’alluvione di Firenze, il recupero della Costa Concordia. Attraverso quelle registrazioni abbiamo permesso a migliaia di colleghi di vedere direttamente come abbiamo operato in quei casi eccezionali. Negli ultimi anni quelle stesse immagini sono state utilizzate a fini comunicativi, ma non dobbiamo fare l’errore di sovrapporle a quelle di cronaca: per questo motivo, come dicevo prima, ci preoccupiamo che arrivino anche le telecamere dei giornalisti, a filmare la realtà e dare garanzia al lavoro svolto».

E questo vale anche per Rigopiano.
«Certo. La difficoltà maggiore è stata mettere in sicurezza il sito. Si figuri che per due giorni abbiamo operato con una fuga di gpl in corso, con un rischio di esplosione. Senza contare il pericolo di slavine e nuove scosse di terremoto. Nonostante le difficoltà, un solo operatore è rimasto ferito – un taglio profondo al dito. La nostra prima preoccupazione è proteggere la squadra».

Le criticità di oggi.
«A Rigopiano abbiamo “smontato” tutta la struttura alberghiera, per cui ora collaboriamo con i carabinieri per indagini di polizia. Tra Lazio e Marche ci sono 800 colleghi circa, impegnati nel recupero del patrimonio artistico e nella rimozione delle macerie. In Umbria infine ci stiamo occupando della messa in sicurezza delle strutture lesionate. Ma per tutte le popolazioni colpite dal terremoto il nostro impegno maggiore è nell’assistenza alle persone, nel recupero dei beni personali e dei macchinari delle imprese, affinché, seppur lentamente, anche il tessuto economico possa ripartire».