I pregiudizi razziali possono aumentare con lo smart working, sempre più diffuso dall’inizio della pandemia di Covid-19, perché i lavoratori non entrano direttamente in contatto con i proprio colleghi e la diversità del luogo di lavoro. Lo rileva il Woolf Institute di Cambridge – realtà specializzata nella ricerca e nell’analisi dei rapporti interreligiosi tra cristiani, ebrei e musulmani – nel recente studio, riferito al 2019, How We Get Along: The Diversity Study of England and Wales 2020.

I risultati – Con la diffusione del lavoro da casa si rischia di «ritornare isolati, come ognuno nel proprio silos», dichiara Ed Kessler, fondatore del Woolf Institute, come riportato dalla Bbc. I luoghi di lavoro sono occasione di scambio reciproco, cosa che invece da remoto manca. Dallo studio emerge che il 76% di coloro che lavorano in uffici in condivisione, nonostante la propria origine etnica, operano in ambienti dove la diversità è all’ordine del giorno, promuovendo l’incontro di culture diverse. La ricerca mostra anche che il 37% dei disoccupati tende ad instaurare rapporti sopratutto con persone del proprio gruppo etnico di appartenenza. Questa tendenza rischia di riemergere con il diffondersi della smart working, riducendo le opportunità di interscambio tra individui con culture, tradizioni e appartenenza religiosa diversa. «I lavoratori sono una “scommessa sicura” per quanto riguarda le strategie di integrazione e di coesione sociale», viene sottolineato nel report.

Nuove politiche per nuove abitudini – «In questo scenario, cambiando le nostre abitudini, sia lavorative che personali, come conseguenza della pandemia, può emergere la necessità di sviluppare sia a livello locale, che regionale e poi nazionale, nuove politiche e un nuovo approccio alla vita di società, per un futuro migliore», sottolinea nell’introduzione del report il ricercatore e autore del progetto, Julian Hargreaves. E aggiunge: «I risultati della nostra ricerca dimostrano che i rapporti di amicizia nati tra colleghi e le caratteristiche dei luoghi di lavoro giocano un ruolo fondamentale nell’unire sempre di più le persone».

Lo studio – Ci sono voluti due anni per raccogliere le diverse opinioni sulla diversità, e le relative implicazioni, su un campione di 11,701 persone tra Inghilterra e Galles. Come sottolineato dal Woolf Institute, si tratta dello studio più ampio e su larga scala al momento disponibile per il Regno Unito che prende in considerazione questo aspetto. La ricerca sperimentale è stata svolta su più fronti – sia quello personale, proponendo scenari di vita quotidiana, che su quello lavorativo. Partendo dai questionari e sondaggi svolti da Survation – che ha lavorato con il Woolf Institute nei primi mesi del 2019 (dal 29 marzo al 5 aprile) – i dati sono stati rielaborati utilizzando tecniche statistiche che combinano le risposte dei partecipanti alle caratteristiche demografiche del luogo di appartenenza, in modo da comprendere ancora di più le differenze di ciascuna comunità locale. «È sempre più evidente che la diversità faccia bene al nostro Paese – spiega Hargreaves – anche se le cose sono cambiate molto in fretta». E conclude: «C’è ancora molto da lavorare».