Un morto e un ferito in pericolo di vita. Questo è il bilancio della sparatoria avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 marzo nel quartiere Ponticelli, periferia est di Napoli. Diversi bossoli a terra recuperati dalla Scientifica ma non è ancora chiara la dinamica della vicenda. Tra le ipotesi, uno scontro tra clan camorristi. Ricostruzione sensata? «La criminalità si è frantumata, convivono i vecchi clan e le bande di strada. In una situazione del genere, tutto è possibile», spiega alla Sestina il direttore del Corriere del Mezzogiorno Enzo D’Errico.

Il luogo dell’omicidio. ANSA/CESARE ABBATE

La vicenda – Una chiamata nella notte al 113 porta le forze dell’ordine in via Esopo a Ponticelli. Sul ciglio della strada del rione Incis, noto per essere punto di ritrovo per i giovani del quartiere, le forze dell’ordine trovano due corpi. Sono quelli di Giulio Fiorentino (30 anni) e Vincenzo Di Costanzo (24 anni), entrambi già noti alle forze dell’ordine. Il primo viene portato alla Clinica Villa Betania di Ponticelli ancora vivo. Poco dopo aver raggiunto il Pronto Soccorso, però, muore per le ferite. Di Costanzo, invece, viene operato d’urgenza all’Ospedale del Mare per le ferite riportate all’inguine e alle gambe. Gli inquirenti lo ascolteranno come unico testimone della vicenda. Nella zona non ci sono telecamere di videosorveglianza né sono emersi altri testimoni.

Gli interrogativi – È ancora ignota la dinamica dell’accaduto, chi fosse l’effettivo bersaglio dell’agguato tra le due vittime. Inoltre, ci si chiede anche se vi siano dei legami con quanto accaduto nella notte tra l’11 e il 12 marzo sempre a Ponticelli: un uomo di 35 anni, noto con il nome di ‘o blob e per essere vicino a un clan della zona, è stato ferito a una mano dichiarando di essere stato vittima di un tentativo di rapina. La versione però è al vaglio degli inquirenti. Tra le piste che si stanno seguendo per il duplice agguato c’è quella legata alle fibrillazioni tra i clan malavitosi della zona. Dal rapporto semestrale delle Dia emerge un territorio dominato da vari gruppi contrapposti e frantumati al loro interno.

Le diverse Camorre – Negli ultimi anni la camorra ha cambiato modo di operare sul territorio, si è frammentata e declinata in modi diversi, spiega D’Errico: «La camorra è oggi effettivamente più una parola che un dato di fatto, nel senso che non esiste più già da un po’ un’organizzazione strutturata come quella di Cosa Nostra, per esempio, o della stessa ‘ndrangheta. C’è stata negli anni una polverizzazione dei clan, e ora ci sono moltissime gang che controllano anche solo un fazzoletto di strade. Essendo così frantumata, c’è un continuo cambio della guardia, come se il potere fosse diventato facilmente scalabile. C’è una successione continua ai vertici, microguerre di quartiere e di zona». «Resistono – aggiunge il giornalista – alcuni grandi clan del passato come i Mazzarella e i Contini che hanno come presidio le loro zone storiche di dominio come il Rione Sanità e Secondigliano, ma i loro affari si svolgono altrove, con i capitali riciclati e con il grande traffico di droga. Qui, invece, abbiamo a che fare con bande di quartiere, che coinvolgono ragazzini come nella Paranza dei bambini descritta da Roberto Saviano. È una situazione paradossalmente più pericolosa rispetto a quella di un territorio controllato militarmente da organizzazioni strutturate».

«Tutto è possibile» – «Qui si parla di lotte di strada, dove tutto è possibile. Se arriva, ad esempio, un 18enne che fa il capo di una gang per alcuni mesi, poi ne arriva un altro che lo vuole emulare e si instaurano tutte queste dinamiche di lotta nelle strade. Sono ragazzi spesso sotto effetto di droghe come la cocaina che si affrontano anche per delle sciocchezze, non sempre e solo per avere il controllo del territorio. Basta uno sguardo». Con il Covid-19, poi, le differenze tra le diverse anime della camorra si sono ulteriormente amplificate. «I grandi clan residui di quel passato della camorra, su tutta Napoli, fanno grandi affari con l’usura che significa investire in capitali illeciti, riciclarli e assumere il controllo di una fetta consistente del tessuto economico. Le bande di strada, che potremmo chiamare baby gang, invece sono più in difficoltà ora, con, ad esempio, il traffico di droga territoriale ridotto». Una lotta per il controllo di strada, quindi, che diventa sempre più sotterranea. 

Il quartiere Ponticelli – Riguardo alla pista camorrista nell’agguato di Via Esopo, D’Errico sottolinea: «L’agguato potrebbe rientrare in queste dinamiche di vita di strada, ma non si sa ancora nulla di quello che è successo. Stiamo parlando di un quartiere dove la presenza criminale è forte e il disagio sociale enorme, accentuato anche dalla crisi causata dalla pandemia. A parte l’omertà, che è un dato di fatto, non c’è molta gente in strada con il lockdown e la zona rossa, quindi sarà difficile ricostruire quanto successo». E conclude: «Ponticelli è alla periferia orientale di Napoli, e fa parte di quei territori della fascia costiera che prima erano contadini, poi sono stati urbanizzati e industrializzati. Con la crisi economica l’industria è scomparsa, e ora sono delle periferie abbandonate. Qui, spesso l’unica occupazione per i ragazzi diventa delinquere».