Una veduta del carcere Lorusso Cotugno dove è avvenuto l'omicidio suicidio di due poliziotti penitenziari, Torino, 17 Dicembre 2013. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO“Che cosa mi state combinando tu e il comandante?”. Il tempo di una domanda, poi gli spari che rimbombano nel carcere delle Vallette. Prima contro il suo superiore, poi contro sé stesso. E a terra restano senza vita Giuseppe Capitani, agente di polizia penitenziaria, e Giampaolo Melis, ispettore. Davanti ai colleghi increduli appena arrivati al lavoro.

Sono le otto del 17 dicembre, lo spaccio è pieno di agenti che stanno per iniziare il turno. Tutto succede molto velocemente: Capitani, 47 anni, vede il superiore, Melis. Gli si avvicina, e prima lo aggredisce a parole, poi estrae la pistola d’ordinanza. “Stai combinando qualcosa alle mie spalle”, gli avrebbe chiesto secondo un testimone. Parole che probabilemente nascondevano un rancore o, dicono in carcere, il timore di un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Melis avrebbe avuto solo il tempo di rispondere: “Non è vero”. Poi diversi colpi lo raggiungono all’addome e alla testa. L’ispettore muore sul colpo. Capitani, dopo aver puntato la pistola contro il collega, la rivolge contro sé stesso. Trasportato d’urgenza all’ospedale Maria Vittoria, è morto poco dopo l’arrivo al pronto soccorso. Una sparatoria che sconvolge il carcere Lorusso Cutugno di Torino. E velocemente i detenuti che in quel momento si trovavano  nei corridoi sono stati riportati all’interno delle loro celle.

Molti punti ancora da chiarire sulle ragioni della sparatoria, a cominciare dal motivo per cui capitani temeva un’azione disciplinare a suo carico. Era incensurato. I colleghi lo descrivono come una persona stressata, che passava buona parte della giornata in carcere. “Non sapremo mai il perché di questa tragedia”, teme Giuseppe Forte, direttore dell’stituto. “Forse un malinteso personale”, ipotizza. E rimanda al problema più ampio delle condziioni di vita nel carcere, “che sono note a tutti”. Gli fa eco Donato Capece, rappresentante del sindacato della Polizia Penitenziaria Sappe: “Sono mesi e mesi che denunciamo le violenze, le precarie condizioni igieniche e le gravi tensioni tra il personale in questo carcere, ma tutto è stato inutile fino alle morti odierne”. Secondo il Sappe la principale responsabilità di quento accaduto è “di un’Amministrazione del tutto inutile, gestita da un vertice altrettanto inutile che fa capo a un Ministro utile solo a se stessa – dice Capece – e che, mentre i Poliziotti Penitenziari stavano protestando ieri a Milano, si è rifiutata di incontrarli sostenendo che i ‘suoi’ Sindacati li incontra a Roma”.

Eva Alberti