Sofia

Sofia, la bimba di 3 anni e mezzo curata con le staminali (Ansa)

Sofia, tre anni e mezzo, potrà continuare la cura a base di cellule staminali. F., di 26 mesi, ed Erika, 35 anni, non potranno. Salvatore, il fratello che con lei condivide la stessa malattia, sì. Sulla terapia con le staminali manca ancora l’approvazione della comunità scientifica: così le sentenze della magistratura, che nel 2010 ha avviato un’inchiesta sulla onlus che dispensa la terapia, dicono ognuna una cosa diversa.

L’11 marzo sera il telefono squilla in casa di Sofia. È il loro avvocato. La bimba – 3 anni e mezzo e una malattia neurologica che porta a progressiva paralisi e cecità –  verrà sottoposta alla seconda infusione di staminali entro le prossime 48 ore. Un mese e mezzo in ritardo rispetto a quanto prescritto dai medici. Per questo negli ultimi giorni gli appelli si erano moltiplicati: dal ministro della Salute Renato Balduzzi e dal consiglio comunale di Firenze, dove il giudice aveva imposto l’interruzione della cura dopo la prima infusione, ad Adriano Celentano. Alla fine il via libera di ministro della Salute, Istituto Superiore di Sanità e Agenzia Italiana del Farmaco è arrivato.

“Questo risultato – ha commentato Giuseppe Conte, il legale di Sofia e dei suoi genitori – è l’affermazione del diritto di Sofia, e di chiunque si trovi nella sua stessa condizione, di proseguire nel trattamento terapeutico concordato con i responsabili sanitari e per il quale è stato prestato specifico consenso informato”.

Per il momento, però, restano bloccate per decisione del tribunale di Pesaro le cure per F., il bimbo fanese di 26 mesi affetto da una malattia neurologica simile a quella di Sofia, che lo sta paralizzando. E a Torino la Corte d’appello ha respinto la richiesta di sottoporre Erika Bonavita, affetta dal morbo di Niemann Pick, alla terapia a base di cellule staminali messa a punto dalla Stamina Foundation.  Pochi giorni fa il tribunale della stessa città aveva autorizzato la cura per il fratello della giovane. “Esterrefatto” il padre. La sua battaglia, come quella di altri genitori con figli affetti da malattie neurologiche per una cura non riconosciuta, continua. Tra corsie di ospedale e aule di tribunale.

Giuliana Gambuzza