Piazza Loggia il 28 maggio 1974, subito dopo l'esplosione

Piazza Loggia il 28 maggio 1974, subito dopo l’esplosione

Quarant’anni, undici sentenze e nessun colpevole. Ma c’è l’attesa di un nuovo, ultimo verdetto per la strage del 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia. L’udienza di giovedì 20 febbraio davanti alla Suprema Corte di Cassazione è l’ultima a lasciare uno spiraglio aperto sulla vicenda giudiziaria della strage in cui otto persone sono morte e un centinaio sono rimaste ferite da una bomba esplosa durante una manifestazione antifascista. Già nella serata di giovedì infatti la Corte potrebbe decidere se riaprire il processo, accogliendo le richieste della Procura Generale di Brescia e delle parti civili, o archiviare definitivamente le accuse a carico degli imputati. Ossia il medico veneziano Carlo Maria Maggi, l’ex ordinovista (ora imprenditore in Giappone) Delfo Zorzi, l’ex collaboratore del Sid (il servizio segreto militare) Maurizio Tramonte, e il generale dei carabinieri Francesco Delfino, all’epoca comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia.Tutti assolti dalla Corte d’assise d’Appello il 14 aprile del 2012.

A presentare ricorso contro la sentenza d’appello è stata la Procura generale di Brescia, cui si sono assommati i numerosi ricorsi presentati dalla parte civili, le vittime, i sindacati e la presidenza del Consiglio. Non sono condivisibili infatti, per i due pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni, le motivazioni con cui i giudici di secondo grado hanno confermato l’assoluzione di tutti gli imputati: il testimone chiave dell’accusa, Carlo Digilio, è stato considerato dalla Corte il principale responsabile della strage stessa. Un ruolo chiave anche nel procurare l’esplosivo (la gelignite poi nascosta nel cestino della spazzatura) che Digilio non poteva avere, secondo i pm, e che sarebbe da attribuire invece al veneto Carlo Maria Maggi, leader di Ordine Nuovo. Questi sarebbero per l’accusa i ruoli degli indagati nella strage: Maggi il regista dell’operazione, Zorzi procacciatore dell’esplosivo e Tramonte, «Fonte Tritone» dei servizi segreti militari, presente alle riunioni in cui viene organizzata la strage.

Con la sentenza di assoluzione in appello si era aperta un’ulteriore ferita. Seguendo scrupolosamente la legge, la Corte d’Assise d’appello presieduta da Enzo Platè aveva condannato le parti civili (compresi famigliari delle vittime e feriti) al pagamento delle spese legali: circa 350 mila euro per una quindicina di legali. Dopo l’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, le spese sono state prese in carico dallo Stato.

Andrea Tornago